A parte alcuni preamboli, il vero inizio della mia “carriera” di autore di libri, guide, articoli su argomenti turistico-culturali, da cui discendendo per li rami sono diventato giornalista pubblicista iscritto all’Ordine, è stata la Genova Guida edita dalla Sagep nel 1999. Per quella casa editrice genovese nel 1998 avevo scritto dodici brevi testi di argomento ligure per un’agenda illustrata; l’agenda era piaciuta e quindi ebbi a scrivere alcuni pezzi “di prova” per questa guida su Genova ed ero in attesa di capire se i signori Sagep mi avrebbero confermato questo impegnativo ma affascinante incarico. Tra i pezzi ne mandai uno che avrebbe potuto servire come introduzione al capitolo sul Centro Storico ed esso piacque così tanto da sciogliere ogni dubbio sul fatto che dovevo essere io l’autore di questa guida; piacque assai alla mitica professoressa Corinna Praga che da allora iniziò a ricoprirmi di elogi quando mi incontrava e parlava di me. La Genova Guida piacque anche all’allora Sindaco Giuseppe Pericu che ne scrisse una breve ma laudativa prefazione; nel 2005 uscì la seconda edizione aggiornata e nel 2006 la ristampa della seconda edizione.

Il pezzo sul Centro Storico che riscosse tanti plausi fu la dimostrazione lampante – e pagante – che una delle più nobili attività che essere umano possa fare è ciò che i francesi chiamano “flâner”: il passeggiare in giro per la città senza una vera ragione, senza una vera meta, l’andare a zonzo semplicemente per il piacere di provare emozioni osservando il paesaggio e l’ambiente intorno a sé. Ringrazio Baudelaire che ha reso famosa la figura del “flâneur”, a me alquanto congeniale. Quella ventina di righe sul centro di Genova era il risultato delle riflessioni, sensazioni, ricordi, pensieri nati e cresciuti durante le decine di vagabondaggi “oziosi” che mi ero fatto di tanto in tanto durante gli anni precedenti; vagabondaggi compiuti per il puro inutile piacere di vagabondare, di immergermi profondamente nella mia città per conoscerla sempre meglio, senza mai immaginare che un giorno tutta l’esperienza di flâneur nei caruggi mi sarebbe stata fondamentale per lo sviluppo della mia vita professionale. Da allora sono sempre un po’ scettico quando sento dire che qualcosa (dalla ricerca scientifica pura agli hobby più bislacchi) “non serve a niente”. Oggi forse non serve, ma domani?

Anche se non prevedo di dover mai più riscrivere una guida turistica di Genova, non ho perso l’abitudine di flâner. A Genova mi avviene più raramente di allora ma l’attività del flâneur funziona benissimo anche a Sanremo; o altrove: dopo essere stato a Roma a metà agosto a vedere la mostra su Raffaello dissi ad alcuni amici sanremesi che ci ero andato da solo senza cercare compagnia perché a me piace essere “io e Roma”. Senza frenesie turistiche, senza nessuno intorno a dirmi “facciamo questo, andiamo là”… io e Roma, osservarla, respirarne l’aria, i suoni, gli odori, senza impegni e impicci, senza programmi e senza meta. Flâner a Roma è per me un’attività meravigliosa ma in realtà qualsiasi città si presta, se ci si va con la giusta disposizione d’animo.
Aspetto di poter tornare a Parigi, mannaggia al covid…..

Il mio vagabondaggio più recente nel centro storico di Genova risale a una ventina di giorni fa. Su e giù tra Sarzano e i Giardini Luzzati, mi sono fermato a pranzo all’Antica Osteria Ravecca. Piacevole e animata e a buon prezzo, come tutte le trattorieristorantibettolebar della zona che al mezzodì rifocillano dipendenti della Regione e della sede Carige, studenti di Architettura, turisti (quando c’erano) e vagabondi come me. Una delle cose che non disdegno quando pranzo da solo in giro (non dovrei farlo ma nessuno è perfetto) è ascoltare i discorsi degli altri avventori, ci sono sempre quelli che parlano a voce alta. A un tavolino di fronte a me c’erano due persone, un uomo adulto e una ragazza sui 25 anni, carina, quasi bionda, gambe lunghe accavallate con pantaloncini cortissimi, camicia bianca molto aperta, dal mio punto di osservazione vedevo benissimo seno e reggiseno, un tatuaggio su un braccio: parlava di dottorato di ricerca, di polimeri, di chimica, di CNR… ho pensato che se le giovani chimiche che lavorano al CNR di Genova sono tutte così, evviva la chimica!

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