Il parco di Villa Gregoriana: un capolavoro di ingegneria

Rivista: La Casana
Editore: Carige
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: 2011, anno LIII, n°3

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Descrizione

Tibur superbum, Tibur supinum: gli aggettivi si sprecano per questa città “superba” e “aprica” alle pendici dei monti Tiburtini, a poco più di 200 metri sul livello del mare, ben sistemata sul suo colle che si affaccia come un balcone sulla campagna romana e sull’Urbe poco lontana a occidente.

Una posizione geografica che rende Tivoli un importante punto di transito da Roma verso le austere montagne dell’Abruzzo e il mare Adriatico. Città plurimillenaria e felice: appoggiandosi a sedimenti fluviali non è stata mai soggetta a violenti terremoti, il suo clima mitissimo e l’aria salubre hanno trovato estimatori fra i poeti (Catullo, Orazio e Marziale per dirne alcuni) e fra i ricchi romani che ne fecero un buen retiro di ville sontuose. Addirittura Marziale scrisse che secondo alcuni l’aria di Tivoli aveva il potere di sbiancare la pelle e di ridare splendore all’avorio dei denti; lui però non condivideva tanto entusiasmo… Risulta che l’imperatore Augusto amasse trascorrervi delle brevi vacanze, giungendovi con due giorni di viaggio in lettiga da Roma.
Intorno a Tivoli, il fiume Aniene scorre su un substrato roccioso composto da travertino non compatto, noto come tufo calcareo, ricco di cavità e di canali naturali che rendono “spugnoso” il terreno, che incamera acqua lungo il corso del fiume per poi espellerla più a valle creando un magnifico scenario di cascate grandi e piccole che affascinò più di un visitatore. Insieme al fiume, la fama antica di Tivoli derivava dall’acropoli col tempio circolare di Vesta e quello rettangolare di Tiburno, dalla sottostante grotta della Sibilla Albunea, dal lucus Tiburni (il bosco sacro), dal rumore delle acque, dal canto degli uccelli dell’ambiente palustre della valle…

Bel fiume, l’Aniene, che però sapeva diventare molto pericoloso nei periodi di piena, e la città ebbe a soffrire diverse alluvioni durante la sua storia. Una assai perniciosa fu quella del 105 d.C., secondo quanto tramanda Plinio il Giovane: un’alluvione che subruit montes e impulit tecta. Facciamo un bel salto nel tempo: tra il 16 e il 17 novembre 1826 l’ira funesta dell’Aniene trascinò via quasi tutte le case della parte più antica della città. Il disastro indusse papa Gregorio XVI e il governo dello Stato Pontificio a intervenire per risolvere una volta per tutte il problema e assicurare a Tivoli un futuro al sicuro dalla furia del fiume. Fu indetto un concorso internazionale; quasi tutti i 23 progetti presentati proponevano la costruzione di muraglioni e argini per deviare le piene verso emissari, ma fu scelto quello di Clemente Folchi, ingegnere e perito idraulico della Sacra Consulta, che era il piano più costoso ma anche il più tecnologicamente avanzato e a giudizio della commissione parve risolutivo. Prevedeva di deviare il corso del fiume traforando il Monte Catillo con una galleria e dando sfogo alle acque con una grandiosa cascata artificiale; il vecchio letto fluviale e le pareti scoscese che lo racchiudono sarebbero diventati una meravigliosa passeggiata romantica, tra grotte, anfratti, formazioni calcaree e resti archeologici. Fu così che sorse la Villa Gregoriana: da un’operazione di protezione civile nasceva una meraviglia del paesaggio.

Il 9 giugno 1832 Gregorio XVI firmò l’ordine di esecuzione dei lavori che oltre alla deviazione dell’Aniene prevedevano la costruzione di due ampie piazze (piazza Rivarola e piazza Massimo) e del solido ed elegante Ponte Gregoriano che le unisce; il ponte rimase distrutto nei bombardamenti del 1944 ma venne poi riedificato. Si iniziò realizzando i cunicoli – i Canali Gregoriani – lunghi 280 metri e con una larghezza fra i 10 e i 7 metri. Fu un’opera idraulica avveniristica e complessa per l’epoca, costosissima (284 mila scudi, circa 7,5 milioni di euro attuali, forniti per i 3/10 dall’erario, per i 5/10 dai contribuenti dello Stato attraverso l’istituzione di un’addizionale di un centesimo e per i 2/10 dalla comunità tiburtina) che suscitò stupore e interesse in tutta Europa. Qualcuno in seguito trovò “beffardo” che un intervento di tale modernità e audacia fosse stato realizzato sotto il papato di Gregorio XVI, che fu un accanito osteggiatore del pensiero moderno e del progresso tecnologico, arrivando persino a opporsi alla costruzione delle ferrovie nello Stato Pontificio!

Comunque i lavori, iniziati il 6 luglio 1832, si conclusero in un paio d’anni. L’inaugurazione avvenne il 7 ottobre 1835: il papa Gregorio XVI e alcuni invitati di rango, quali il re del Portogallo e la regina delle Due Sicilie, assistettero da un punto, detto il Trono, da cui ancora oggi si gode un panorama magnifico sull’eccezionale salto della cascata artificiale, sui templi dell’acropoli e sul più lontano tempio di Ercole Vincitore. 

C’è una lapide, sul posto, che ricorda l’evento. Finita la festa, l’opera dell’ingegner Folchi fu rapidamente messa alla prova, e fu un successo: nel febbraio del 1836 una piena dell’Aniene passò attraverso i nuovi cunicoli e la nuova cascata senza far danni, con grande letizia dei cit- tadini tiburtini.  …

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