Un finesettimana ovino-caseario, quello ultimo scorso: venerdì 21 sono andato per la prima volta a Cheese, gloriosa manifestazione internazionale dedicata al formaggio che ogni due anni Slow Food organizza a Bra, elegante e sabauda cittadina fra Tanaro e Roero in provincia di Cuneo nonché luogo di nascita e sede centrale di Slow Food stessa, che ha indirizzo in “Via della Mendicità Istruita”, che mi pare odonimo assai insolito ma di ottimo auspicio sociale.
Slow Food negli anni pari organizza il Salone del Gusto a Torino, negli anni dispari Slow Fish a Genova e Cheese a Bra. Poi c’è Vinitaly a Verona, ma è un’altra cosa…
Cheddire? Chi mi conosce sa che io amo il formaggio più di Topo Gigio e di Geronimo Stilton, eppure alle 4,30 del pomeriggio, quando ho ripreso la macchina per scendere a Sanremo, avvertivo nello stomaco, nella bocca, nel naso, nella mente, un lieve ma persistente senso di nausea casearia che mai, dico mai e poi mai, avevo avvertito prima in vita mia. Perché il signorile e luminoso centro storico di Bra era zeppo di stands dove venivano esposti alla vista, all’olfatto, al tatto, al gusto (all’udito no, il formaggio non fa rumore), all’assaggio e all’acquisto centinaia di formaggi d’ogne parte d’Italia, d’Europa e anche di qualche bizzarro altro luogo del mondo, tipo le Isole del Capo Verde.
Slow Food compie opera meritoria coi suoi presidii nel difendere e cercare di far rivivere formaggi obsoleti e dimenticati, quindi accanto agli stand dei produttori di parmigiano reggiano e di pecorini di varie regioni c’erano prodotti rari provenienti dall’Irlanda, dalla Romania, dall’Inghilterra (Cheddar, formaggio inglese: ce ne sono per così di tipi di cheddar diversi, mica lo sapevo!) o anche solo dalla Lombardia e dalla Sicilia (ad es. il Piacentino, che non ostante il nome lo fanno intorno a Enna, formaggio robusto e sostanzioso reso giallissimo dallo zafferano e pungente dai grani di pepe).
Questo era l’anno dedicato ai formaggi erborinati e il settore della degustazione a pagamento proponeva all’assaggio qualche centinaio di formaggi blu di tutto il mondo, sin della Nuova Zelanda, accompagnati da un bicchiere di un vino dolce scelto fra altrettante centinaia di vini internazionali.
Poi gli stands dei cibi di accompagnamento, tipo salse, mieli, marmellate, caffè e altre cose che si possono gustare col formaggio.
Molta gente in giro, ed era solo il primo giorno. Immagino il casino della domenica….
Un saluto e un plauso alla Lulli, ottima amica biellese, che oltre che essere un’esperta in vari settori dell’alimentazione (nella fattispecie è iscritta all’ONAF, l’associazione degli assaggiatori di formaggi) è stata anche piacevole compagnia di caseo-vagabondaggio e degustazioni.
Son tornato a casa con tre acquisti, tutti presidi Slow Food: un Irish Raw Milk Cheese, praticamente un camembert delicato, morbido, forse troppo poco saporito, sarà la pioggia dell’Irlanda che ne lava via il sapore?; una serie di 4 tomini di Pélardon affiné, un formaggio caprino AOC (da noi DOC) della Languedoc francese, gustosi assai, il più stagionato dei 4 veramente forte di gusto ma un forte buonissimo; una grossa fetta di Branza de Burduf, una delle novità di questo Cheese 2007, un formaggio ovino della Romania, dei Carpazi meridionali, che viene conservato in cilindri di corteccia di abete che gli da un sapore delicatamente resinoso molto particolare.
Giornata faticosa, alla fine, ma se tutte le fatiche fossero così… Stamattina l’amico Uge mi citava un detto di Indro Montanelli “fare il giornalista è molto meglio che lavorare”… anche produrre formaggio, secondo me, è meglio che lavorare.

E domenica tutti a Mendatica per la giornata conclusiva della Festa della Transumanza!! Mendatica sta nel profondo entroterra di Imperia, altissima Valle Arroscia, proprio sotto le vette delle Alpi Liguri, fra boschi dove volano le aquile e ululano i lupi. E pascolano le pecore, in particolare quelle di razza brigasca, rara razza ovina tipica di questi monti mezzo liguri mezzo piemontesi mezzo francesi (fa 3/2, va beh…). C’è un Presidio Slow Food anche qui, la Toma (e la Sola) di Pecora Brigasca è il formaggio d’alpeggio che i pastori fanno col suo latte. Son solo due i pastori che fanno Toma e Sora secondo il disciplinare Slow Food e uno di essi era lassù a Mendatica: si chiama Nevio Balbis, ha casa e azienda sopra Sanremo, dove le pecore stanno in bandia in inverno, e alpeggio estivo presso il passo di Collardente proprio sotto la verticale parete sud del monte Saccarello, vetta suprema della Liguria.
Interessanti i discorsi con Nevio Balbis e piacevolmente spettacolare la gara di cani da pastore, un pastore tedesco e alcuni border collies che dovevano esibirsi nella conduzione di un gruppetto di pecore eseguendo alcune manovre tipiche del loro quotidiano lavoro pastorale. A parte alcune difficoltà talvolta non sormontate dai volenterosi animali, è stato molto interessante vedere, noi profani, la generale abilità professionale di questi cani, l’intesa che hanno coi loro pastori, la tenacia con cui tengono testa a ‘ste pecore alcune della quali parecchio grosse e testute, insomma, la giornata è stata piacevole assai. So bene, grazie ai libri e alle parole di Marzia Verona (che domenica era a Bra in qualità di “scrittrice e ricercatrice”), che la vera vita dei pastori è ben più aspra e difficile di ciò che si può comprendere in una giornata di festa nei prati organizzata a uso dei turisti, ma giusto per farsi un’idea…
Pare che la parte più spettacolare – e ci credo – della festa della transumanza di Mendatica sia l’arrivo delle greggi al venerdì pomeriggio. L’anno prossimo cercheremo di andare ad assistervi.

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