Alpe di Gorreto – le campane della tradizione

Parafrasando Cochi e Renato: “La campagna, non vado mai”.
Quando ero fanciullino e giovinetto ci andavo, in campagna: mesi, settimane, giorni a Ormea, paese d’origine di mio nonno materno, come molti di Voi Lettori ben sanno. Ora a Ormea, per ragioni di famiglia (dovrei dire “di non-famiglia”) ci passo una trentina di volte all’anno, magari anche di più, ma sempre toccate-e-fughe di poche ore. Sono tre anni che non mi fermo a dormire. Assai meglio di me fa mia sorella con Voltaggio, l’altra metà della campagna di famiglia, dal lato paterno.

Per cui quando Paola M, amica e compagna di viaggio sopraffina, mi ha proposto di accettare l’invito di Patrizia&Antonio a trascorrere il Ferragosto ad Alpe di Gorreto, 900 metri slm nella profonda Val Trebbia ligure al confine con l’Emilia, ho pensato che l’idea era buona non solo per via della compagnia ma anche perché avrei dormito per ben due notti consecutive “in campagna” e mi sono reso subito conto che l’idea mi dava un piacere particolare.

I due primi giorni, il 13 e il 14, si ebbe un tempo uggioso ben più autunnale che di mezza estate e le brevi passeggiate tra i campi fuori dal paesello e lungo la strada nel bosco in vana ricerca di funghi si fecero sotto la costante minaccia della pioggia. Il 15 invece il sole splendette alto e limpido e nel pomeriggio salimmo – auto + piedi – al panoramicissimo Passo della Maddalena, 1400 metri sul confine ligure-emiliano tra faggi radi e prati verdi, con all’orizzonte le vette dell’Appennino Genovese e i forti ottocenteschi di Genova in fondo laggiù verso la fettina di mare azzurro.

Nel mentre, nella tarda mattina del 14, la notizia, sulle prime difficile a capire e a credere, del crollo del ponte dell’autostrada con tutto l’annesso e il connesso. Tv accesa a stecca, per sentire, guardare, inorridire, stupirsi, rattristarsi…

Tutto ciò però è il preambolo. E l’ambolo allora qual è?

È che ho avuto la possibilità di vivere per un paio di giorni e un paio di sere un po’ di “vita di paese”. Che non mi sceglierei come vita da vivere tutti i giorni ma per un così breve periodo me la sono goduta proprio. Una vita dove a prima vista sembra che non succeda mai niente e forse non succede niente per davvero, ma che bello è stato andare al – come si chiamava, centro sociale, circolo, insomma un bar e un salone dove la gente mangia o balla o gioca a biliardo e a calcio balilla e a ping pong, e la serata passa così, con quattro chiacchiere, due partite a calcetto e a ping pong, un calvados o un succo di frutta, senza televisione, forse anche senza facebook e twitter.

Alpe di Gorreto, borgo di mezza costa quasi spopolato d’inverno affollatissimo d’estate, tutti gli “emigrati” e i discendenti tornano a rianimarlo e a rianimarsi camminando per le sue viuzze, socializzando la sera con quelle chiacchiere oziose tra amici parenti e conoscenti che quando non le fai nemmeno ci pensi ma quando le fai ti rendi conto che sono il sale della vita.

Ché io vivo benissimo in città e sto meglio nelle città non troppo piccole: affetti e amicizie ormai sono ben equamente distribuite tra Genova e Sanremo, ma come luogo urbano e geografico in cui vivere io mi sento più a mio agio a Genova che a Sanremo che percepisco un po’ piccolina (un decimo degli abitanti e circa un decimo nelle dimensioni), e se dovessi forzatamente sostituire Genova vorrei sostituirla con una città più grossa (Torino, Milano, Roma, Napoli) non con una più piccola. Ma con tutto ciò, mi rendo conto che certi piaceri “di paese” (le chiacchiere serali nel salone pubblico, i quattro passi mattutini tra gli orti del paese, il salutare i vicini di viottolo quando esci sull’aia) nelle città non li ritrovi e ciò è una grande perdita in termini di qualità della vita spirituale, emotiva, psichica.
Non so se riesco a spiegare cosa intendo, e non so nemmeno se ciò che intendo è un ragionamento sensato o una belinata colossale. Ma provate a capirmi.

Un’altra cosa che ho apprezzato dei tre giorni di Alpe è stata la processione con la Madonna a Ferragosto. La mia fede cattolica è piuttosto “protestante”, nel senso che mi interessano sempre poco tutti gli annessi e connessi, i “fronzoli” parateologici e rituali del cattolicesimo; nei quali ci sta la devozione alle varie Madonne.

((La cattolicissima ma spiritosa madre del compianto professor Bedarida con cui ebbi il piacere di lavorare ai tempi del mio lavoro universitario, madre che morì alla tenera età di 104 anni – nel cimitero di Mondovì si legge con un qual certo stupore “Caterina Varese Bedarida – 1897-2001” Ha toccato tre secoli quella donna; beh, dicevo che questa longevissima signora ebbe un giorno a chiedere al suo parroco “io prego la Madonna di Lourdes così e cosà, la Madonna del Carmine per questo e quest’altro, la Madonna di Chissaché per così e per cosà… Ma non c’è una Madonna di tutte le Madonne che basti pregare lei per tutto e per tutti?” Pare che il parroco abbia sghignazzato divertito))

Ecco, dicevo che sono poco sensibile alle manifestazioni di parapoliteismo di cui il cattolicesimo è pieno. Però la processione di Ferragosto ad Alpe me la sono seguita con piacere. Un piacere più etnologico che religioso forse, però vedere tutta ‘sta gente che partiva dalla chiesa e andava su e giù per il paese, e c’erano anche parecchi giovani con la statua, il crocifisso (Patrizia portatrice!!!) e le campane che suonavano, a prescindere del sentimento religioso dei partecipanti (e delle discussioni tra alcuni di essi e il prete multiparroco che ai parrocchiani non piace… succede a volte) mi è piaciuto almeno perché è un bel modo di “mantenere vive le tradizioni antiche”, che ritengo sia bello tutelare e tramandare esattamente come i cibi tradizionali: il carciofo di Perinaldo e l’albicocca di Valleggia fanno parte del patrimonio culturale ligure esattamente come la processione della Madonna ad Alpe; perché no? Com’è che dice l’Unesco: Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

Sono tornato in città e in riviera il 15 sera pensando che Alpe di Gorreto mi si è rivelata comunità rurale vivace e operosa; imbriccata nel profondo dei boschi con una strada stretta e tortuosa ma è un bel posto, mi è piaciuto, nel suo piccolo. Complimenti agli alpesi (o alpisti; alpini direi di no).

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