Due parole su cinque libri che sto leggendo o che ho letto nel recente passato, per rimuginarci un po’ su.

Due sono di narrativa, cosa inusuale per me. Però uno dei due mi è stato consigliato da un’amica molto Amica – Silvia P. – a cui presterei fede anche se mi dicesse che sono atterrati gli alieni per assistere al derby Genoa-Sampdoria (dubito che me lo dirà mai, soprattutto perché non si interessa di calcio), e l’altro è stato scritto da Marzia Verona, piemontese scrittrice, blogger, allevatrice, pastora e ancora qualcosa, che ebbi il piacere di conoscere parecchi anni fa e di cui avevo letto già parecchi suoi libri precedenti.

1) Quello di Marzia è “Il canto della fontana”, Pèntagora Edizioni, 2018. Il recupero di un modo di vivere dentro e insieme alla natura, alternativo al contemporaneo stile di vita urbano centrato sul lavoro e sulla comunicazione virtuale. In un qualche blog questo racconto è stato definito “un Into the wild all’italiana”; abbastanza vero però qui è meglio perché il finale è vivo e aperto e ottimistico, a differenza del film americano che si conclude tragicamente. Anche il pensiero finale del protagonista del film “la felicità è autentica solo se condivisa”, nel romanzo di Marzia è più realizzato che nel film, fosse anche solo perché il protagonista condivide la sua felicità con Bingo il cane, Minù la gatta, Cocò e le altre galline e il piccolo gregge di capre. Argomento questo a me ben caro, il fatto che i sentimenti siano condivisibili con qualsiasi essere vivente con cui ci capita di interagire, senza fare distinzioni artificiali e insulse tra umani e non-umani.

2) Silvia mi ha suggerito “Il Treno dei bambini”, di Viola Ardone, Einaudi Editore, 2019. Affettuosamente divertente nei primi capitoli che narrano la storia, fondata su un evento storico vero, di Amerigo e dei suoi amici, bambini napoletani portati nel 1946 in treno in un viaggio organizzato dal Partito Comunista dai quartieri poveri di Napoli ai paesi dell’Emilia per essere dati in affido temporaneo a famiglie in grado di offrir loro una casa vera, la possibilità di andare a scuola e di mangiare tutti i giorni. Un viaggio nello spazio e quasi nel tempo che ha trasportato quei bambini in un ambiente sulle prime incomprensibile ma che impareranno ad apprezzare, per tornare dopo qualche tempo a Napoli, alla vita precedente, non facile da affrontare di nuovo. Il meglio per me è la quarta parte, in cui Amerigo ormai adulto e affermato riesce finalmente a “mettere insieme” le due metà della sua personalità, lo scugnizzo dei Quartieri Spagnoli povero e analfabeta e il ragazzo emiliano istruito con una bella famiglia numerosa. Un bel lavoro psicologico.

3) Passiamo alla saggistica: per “Oriente Occidente – Massa e individuo” di Federico Rampini, Einaudi, 2020, ringrazio l’amica giornalista e musicista Giulia Cassini che me lo ha regalato. Un excursus politico-economico-sociale-culturale-religioso attraverso quell’ “odi et amo” che attrae e spaventa, affascina e terrorizza, unisce e divide da millenni gli europei e gli asiatici. Spiritualismo orientale versus materialismo occidentale, valori e diritti del singolo occidentali contrapposti a dispotismo e società massificate orientali, il monoteismo mediterraneo contro le religioni-senza-dio dell’Oriente. Un confronto a volte pacifico a tratti violento iniziato almeno ai tempi delle Termopili e di Salamina, le libere città-stato greche contro l’impero persiano, e che forse non terminerà mai. “Ora che la pandemia ci ha abbattuti entrambi, resta da scoprire chi si risolleverà per primo, quale modello risulterà vincitore”. Un’analisi del passato per riflettere sulle incertezze del futuro.

4) “Umani – la nostra storia”, di Adam Rutherford, Bollati Boringhieri, 2019, descrive cosa rende gli appartenenti alla specie Homo sapiens unici e diversi da ogni altra specie animale in termini biologici e psicologici, fisici e culturali, e cosa invece ci accomuna ai nostri parenti non-umani, alle quattro specie di primati antropomorfi in primis ma anche ai cetacei, a certe specie di uccelli e così via. Difficile dare una risposta chiara e netta alla domanda “siamo speciali?”. Un po’ si, un po’ no, un po’ ni. Particolarmente interessanti i capitoli dedicati al sesso e alla guerra, che dimostrano che non esiste davvero nulla di “contro natura” in natura.
Interessante anche la storia genetica della “creazione di Adamo”: alcuni milioni di anni fa un qualche cucciolo di una paleoscimmia antropomorfa nacque con una forte anomalia cromosomica (due cromosomi diversi fusi insieme in un unico cromosoma molto grande, quello che oggi i genetisti umani chiamano “cromosoma 2”), anomalia che anziché rivelarsi mortale per il paleoscimmiotto gli diede qualche forte vantaggio nei confronti dei suoi simili, cosicché il megacromosoma continuò a trasmettersi nelle generazioni successive. Questa anomalia è patrimonio soltanto di noi umani che abbiamo 23 coppie di cromosomi, mentre i nostri quattro cugini di primo grado attualmente viventi (oranghi, gorilla, scimpanzé, bonobo) hanno mantenuto le originarie 24 coppie. Mi viene facilissimo pensare che questa sia la versione scientifica del racconto biblico della creazione di Adamo da parte di YHWH con la polvere del suolo: è accaduto un evento unico e irripetuto che ci ha reso differenti dagli altri esseri viventi, che ci ha reso “umani”. Ai pastori della Palestina del VII-VI secolo a.C. era certamente più facile spiegare la comparsa dell’uomo sulla terra attraverso concetti comprensibili come la polvere del suolo, se l’autore della Genesi avesse scritto di geni e cromosomi nessuno avrebbe capito niente.

5) Incontrai “La Dea Bianca” di Robert Graves, Adelphi, nella vetrina di una libreria di Brescia nel febbraio 2019 durante il convegno nazionale del FAI e capii che dovevo farla mia. In realtà si è rivelata una mappazza mostruosa, benché a suo modo affascinante: seicento complicate pagine scritte da un dottissimo poeta, romanziere e mitografo anglo-irlandese morto nel 1985 che tirano a dimostrare la sostanziale unità delle mitologie e quindi delle culture originarie mediterranee e celto-europee, dalla Palestina a Creta alla Grecia sino alla Britannia e all’Irlanda. Mitologie e credenze religiose sviluppatesi – dice lui – a partire dalla preistoria in popoli di agricoltori che si governavano con una struttura matriarcale e veneravano una divinità femminile come entità suprema dell’universo regolatrice dei cicli della natura e dell’agricoltura; questa divinità universale femminile, personificata dalla Luna – la Dea Bianca – e le società matriarcali che la veneravano furono soppiantate e mascolinizzate in epoca protostorica da popoli guerrieri e patriarcali provenienti dall’Asia centrale con al loro seguito un pantheon diretto da divinità maschili, destinate a diventare Zeus o Odino o YHWH, il “dio geloso” che coi suoi vari nomi si è infine imposto come unico e onnipotente. Per la religiosità “donna” non c’è più stato spazio, però le tracce dell’antico culto femminile sono rimaste entro i miti maschilisti delle civiltà patriarcali e qualche traccia della Dea Bianca permane tuttora, pensiamo all’importanza che ha la Madonna nel cattolicesimo, e pensiamo anche allo Spirito Santo, che consideriamo maschile perché spiritus in latino è sostantivo maschile ma in ebraico lo Spirito di Dio, quello che in Genesi aleggiava sulle acque agli inizi della creazione e a cui ritengo pensasse Gesù quando diceva ai suoi discepoli “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv, 14,26), quello Spirito in ebraico suona “Ruah” – spirito, soffio, alito – ed è sostantivo femminile. Lo Spirito in ebraico è femmina. La Trinità composta dunque da un Padre, un Figlio e una Spirita Santa (che dona la sapienza e la forza e gli altri suoi cinque doni). Una vera Famiglia comme-il-faut.

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