E così le ultime due palme del giardino “di Donatella” a Sanremo non ci sono più. Rimangono quattro palme basse nella parte di giardino comune, condominiale, tra gli eucalipti e l’olivo, ma chissà quanto dureranno anche loro…. Un vero flagello di Dio, il punteruolo rosso. Rhynchophorus ferrugineus è il nome scientifico: portatore di becco color ferro, più o meno; è un insetto molto bello, un grosso coleottero di color rossobruno brillante con macchie nere. Le larve, quelle che uccidono le palme, sono grasse e cicciotte e là dove il punteruolo è endemico, nel Sud-Est Asiatico, se le mangiano e fanno bene, sono sicuramente molto nutrienti.

Io non ho mai nascosto la mia scarsissima simpatia per le palme, che invece appassionano i veri sanremaschi (Donatella compresa), per i quali sono una parte della loro storia, esistono qui da secoli, ne vendevano le foglie alla curia papale per la Domenica delle Palme e agli ebrei di tutta Europa per le feste di Sukkot. E abbellivano la città quando qui si tenevano conferenze internazionali e venivano a svernare la zarina di Russia, il principe ereditario di Germania, il re del Siam… Il lungomare elegante della città si chiama Passeggiata Imperatrice in ricordo della zarina Maria Alexandrovna che per ringraziare la città che l’aveva ospitata donò le palme che adornano il lungomare medesimo.

Per me le Phoenix canariensis del giardino erano belle a vedersi ma sporcavano terribilmente e la loro manutenzione era costosa e impegnativa: nella chioma nidificano i topi, gli esemplari femmina producono centinaia di datteri (buoni per gli uccelli e i topi ma non per noi umani) che quando cadono a terra formano un tappeto di frutta marcia e appiccicosa, hanno spine lunghe dure e dolorose alla base dei rami e ogni pochi anni bisogna fare la potatura dei rami secchi, che costa non poco perché il potatore deve salire coi rampini su in alto e lo smaltimento di tutta ‘sta massa vegetale in discarica costa parecchio. Sinceramente, ora che ho pagato gli ultimi due capitozzamenti, d’ora in poi sarà un bel risparmio.

E comunque lo spazio aereo lasciato libero dalle palme non rimarrà libero a lungo perché alberi adolescenti fremono per conquistarsi la luce e l’aria disponibili: ci sono il nespolo (seminato nel 2002 e oggi alto tre metri ma un po’ esilino), il Secondo Pruno e il Secondo Olivo (nati spontanei una dozzina di anni fa), c’è un piccolo pino d’Aleppo forse figlio del Pino Storto, c’è un ragazzino allampanato dalle foglie chiare caduche nato tre anni fa che sospetto sia un olmo, arrivato da chissà dove… Questo giardino giungla era e giungla rimarrà, anche senza palme. In fondo si tratta del solito “mors tua vita mea” che fa funzionare l’universo da quando esso esiste.

Per cui tutto bene? Dal punto di vista giardinesco tutto bene, ma emotivamente assai meno. È un altro capitolo della vita che si conclude. Le palme, a prescindere da ciò che ne pensavo, erano l’elemento più forte del giardino. Ora sarà diverso. È normale che la vita continui attraverso i cambiamenti ma ogni cambiamento forte ha un impatto emotivo che richiede un po’ di tempo per essere metabolizzato. Oggi mi dispiace non aver amato le palme come amo tutti gli altri alberi di quel giardino, compresi i due immensi eucalipti che pur sporcano il terreno intorno come un branco di elefanti. Mi dispiace anche verso Donatella che si rattristava quando constatava la mia antipatia verso le “sue palme”. So bene che i rimpianti, sempre inevitabili quando l’interlocutore non c’è ormai più, non servono proprio a niente, però oggi chiedo scusa a loro e a lei, alle palme e alla loro signora. Ma quanto valgono le scuse postume??

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