Effinalmente ‘sta gita delle 6C è andata! Beh, le C sono state solo 3 e mezzo, ma è andata benissimo lo stesso.
3,5C nel senso dalle Capanne di Carrega al monte Carmo, ai piani prativi sotto il monte Cavalmurone, ché le Capanne di Cosola erano troppo lontane da raggiungere, volendo essere di ritorno alle auto entro il tramonto, che ora qui da noi è alle 17 quasi in punto.
Comunque bello: gita facile, blandi saliscendi su un crinale prevalentemente di faggi, foglie secche sul terreno, divertenti da camminarci dentro frusciando coi piedi nella massa rossiccia, i passi creavano un onda di foglie davanti ai piedi che sembrava le onde che precedono la prua di una nave, e fruscc e fruscc ad ogni passo. Aria fresca ma quasi nulla ventosa, solo in cima al Carmo, 1640 mt. un po’ più di tramontana. Panorami very ok, Alpi dal Mongioie del basso Cuneese al Monviso un po’ soffuso di foschia, ai Ruitor Bianco Cervino Rosa, poi giù verso la Lombardia orientale, Adamello e dintorni. Sul mare ahimè nuvolaglia, quindi niente Corsica. Verso nordest un coso grigio, lungo e piatto al di là delle nebbie di pianura che mi piaceva pensare fosse il monte Baldo, quello sopra il lago di Garda. E dietro appennini liguri-emiliani e un poco toscani a bizzeffe, di tutte le tonalità di grigio e di azzurro, ripensavo a Leonardo quando scriveva che è lo spessore dell’atmosfera a tingere di azzurro i monti più lontani, e ricordavo la sua Madonna del Fuso che vidi l’anno scorso con Donatella in mostra ad Arezzo, dietro la madonna c’è il paesaggio della val di Chiana giustamente sfumante di azzurro verso l’orizzonte.
Snevati, questi appennini liguri-emilian-piemontesi, a metà di questo autunno assai poco autunnale e quasi estivo. A terra niente neve, se non in pochissimi anfratti del sentiero dove c’era più ombra, e invece erba verde, qualche piccolo fiore giallo di tarassaco, una grossa ape un po’ rincitrullita. Camminando, chiacchiere sul fatto che nel Medioevo i benedettini coltivavano l’olivo nel Monferrato astigiano, in Inghilterra cresceva la vite e i vichinghi colonizzarono la Groenlandia e l’hanno chiamata Terra Verde. Come dire che ci sono stati periodi non proprio preistorici in cui comunque faceva anche più caldo che adesso, alla faccia dell’effetto serra.
Il crinale divide Piemonte ed Emilia, e dai due lati, val Borbera alessandrina e val Trebbia piacentina, boschi e paesetti piccoli, compatti, tetti appiccicati, le chiese un poco in alto fuori dalle case, qualcuno con strada e asfalto, i più piccoli forse ormai abbandonati, Patrizia, che è originaria di queste valli, raccontava delle feste e dei balli estivi che si tengono in questi villaggetti minimi e di come la gente andasse, e ancora va, da uno all’altro nelle notti d’agosto per ballare e far festa in compagnia. Mi immaginavo i “nonni” magari a metà Ottocento, ma nel 1500 o nel 1930 doveva essere lo stesso, tornare a casa lungo ‘sti sentieri nei boschi, magari un po’ brilli e sudati, sotto la luna, forse i notabili di paese a cavallo o su un biroccio, i contadini a piedi, c’era anche il prete tutto nero? Probabilmente si.
Il pomeriggio ha tinto di nebbia le cime dell’Appennino verso la Riviera di Ponente, solo le vette, nere contro il sole calante, spuntavano dalle onde di nuvole, dando un’illusione di altezza assai maggiore del reale, cime modeste, 1400 metri al massimo e parevano tanti Kilimangiari sulle foschie della savana.
Cioccolata calda alla Casa del Romano al termine, offerta da un cugino di Patrizia trovato lì per caso che festeggiava i suoi 50 anni con una streppa di amici, pranzo a base di lepre, erano le 5 e avevano appena finito… Mi spiace per l’assenza di Donatella, che è rimasta a casa a studiare, ma dopo mesi di traslochimatrimonievacanzeinSardegna, una giornata in montagna a piedi fra i boschi mi ci voleva proprio…