1)
Nomen omen: Marassi, Marais, Fereggiano e Feritore…
Prima di tutto voglio rendere omaggio alla professoressa Corinna Praga che mi è stata maestra per molto di ciò che conosco sulla storia di Genova, sin dai tempi (era il 1998) in cui leggeva e correggeva e commentava il work-in-progress della mia guida di Genova edita dalla Sagep man mano che io andavo scrivendola.
Il quartiere di Marassi a Genova e quello del Marais a Parigi hanno un’etimologia comune: questi due toponimi derivano entrambi dal vocabolo preromano “mar” che significa “palude”. Credo che nelle lingue indoeuropee moderne lo si ritrovi nel “marsh” inglese, e chissà se esiste anche in altre lingue.
Nel Marais parigino a impaludarsi era la Senna, nel genovese Marassi si impaludavano due torrenti che vi sfociavano; in epoche antiche, infatti, non esisteva la piana della bassa val Bisagno oggi occupata dai quartieri di San Fruttuoso e della Foce, e il mare penetrava all’interno insinuandosi tra i capi di Carignano e d’Albaro sino a giungere alla palude salmastra di Marassi, che raccoglieva le acque del rio Ferisiano (o Fereggiano) e del rio Feritore. Il rio Fereggiano ha ancora questo nome e tutti gli italiani lo hanno imparato lo scorso venerdì 4 novembre; il “Feritor” oggi si chiama Bisagno, e tracce del suo antico nome rimangono nel Ponte Feritore che lo scavalca fra Via Piacenza e Lungobisagno Dalmazia nel quartiere di Molassana, qualche chilometro a monte di Marassi.
Oggi i due corsi d’acqua si uniscono: il Fereggiano, più breve, affluisce nel più lungo e ampio Bisagno, che continua il suo corso nella piana alluvionale che si è costruito nei millenni coprendo l’antico golfo marino, piana sulla quale oggi si trovano la parte bassa del quartiere di San Fruttuoso e tutto il quartiere della Foce, l’unico quartiere interamente pianeggiante di Genova.
(A questo punto potrebbe starci bene una digressione sul nome Foce, che non ha a che vedere col fatto che qui ha la sua foce il torrente Bisagno ma quasi certamente ha ragioni etimologiche molto diverse, analoghe a quelle dell’omonimo quartiere Foce di Sanremo, del valico La Foce sopra La Spezia e della località Fox presso Marsiglia, ma non divaghiamo).
I nomi Fereggiano e Feritore rimandano al verbo latino fero (- fers, tuli, latum, ferre) che significa “portare”. Cosa portavano, in epoca romana, questi due torrenti? Presumibilmente ciò che portano ancora oggi quando si incazzano: sassi, massi, rocce, detriti, alberi in grandi quantità d’acqua. Insomma, non ci si dovrebbe stupire che ‘sti due corsi d’acqua che quando sono in magra sembrano uadi del deserto, quando piove tanto diventino flagelli di Dio più di Attila, visto che quasi certamente flagellavano anche in tempi ben precedenti a ogni tipo di cementificazione e speculazione edilizia.
Poi, certo, noi genovesi ci abbiamo messo del nostro nel restringere i loro alvei e riempirli di palazzi e strade, e già almeno dalla fine del XIX secolo, mica solo dagli anni Sessanta del boom edilizio; quindi ci sta che adesso che sono così stretti e costretti, quando alluvionano lo facciano con così tanta violenza. Quando poi in mezza giornata cadono 400 o 500 mm di pioggia con punte di 150 mm in un’ora…
Il meteorologo Luca Mercalli dice che il pluviometro dell’Università [che non era nel centro della tempesta] ha rilevato 386 millimetri d’acqua tra la mezzanotte e il tardo pomeriggio, ma in gran parte concentrati tra le 10 e le 15. A guardare le statistiche meteorologiche cittadine si è trattato di un fenomeno di una violenza impressionante anche se il record assoluto – non solo genovese, è il record storico italiano – spetta all’alluvione del 7-8 ottobre 1970 con 948 millimetri in 24 ore a Bolzaneto; quei giorni ci furono più di trenta morti; è l’alluvione cantata da Fabrizio De Andrè in Dolcenera.
2)
Il nostro gatto Codamozza è un ottimo meteorologo, bravo (quasi) quanto l’amico Paolo Sottocorona di La 7.
A Sanremo non è successo nulla di grave durante il finesettimana dell’alluvione genovese, ma anche qui c’era l’allerta meteo 2 e il timore di sfracelli e sconquassi. Quindi ci siamo un po’ preoccupati quando verso le 21 di venerdì sera Codamozza ha deciso di uscire di casa, dopo lauta cena, ed è rapidamente sparito nel buio del giardino fradicio della pioggia del giorno. Va ben che di posti dove ripararsi dalla furia degli elementi ne ha parecchi ma insomma, ora che è anzianotto rimane spesso a dormire in casa, perché proprio in questa notte prevista pessima deve farsi venir voglia di uscire?
Comunque ben si sa che ai gatti non si può dare ordini né convincerli a fare ciò che non voglion fare, quindi è stato inutile andare a cercarlo in giro per il giardino chiamandolo a voce alta prima di chiudere il portone e andare a dormire, ché lui non si è fatto né vedere né sentire.
Ha fatto bene, perché la notte fra venerdì e sabato è passata senza problemi: poca o niente pioggia, solo un po’ di vento tiepido, insomma è stata una notte d’autunno come tante altre, tutto sommato tranquilla.
Al mattino di sabato Codamozza era davanti al portone che aspettava che gli aprissimo per la colazione.
Sabato verso l’ora di cena la situazione meteo sembrava analoga a quella della sera precedente ma il gatto si è sistemato per bene e anzitempo sul nostro letto e si è lanciato in un sonno convinto. Dopo un po’ è iniziato a tuonare e dopo un altro po’ è iniziata una buriana di scirocco e di pioggia che ha flagellato la casa, il giardino e la città con lampi, tuoni, raffiche di vento che facevano gemere le persiane e scrosci di pioggia violenta, e tutto ciò è andato avanti per gran parte della notte. Mentre Codamozza dormiva beato sul letto…
Anche questa volta, ha avuto ragione lui.
3)
I ragazzi con la pala: sono stati una sorpresa – graditissima – per tanti, per tutti, a giudicare dai commenti che si sentono e si leggono; ragazzi anche molto giovani venuti a Genova letteralmente da tutto il mondo per spalare fango e aiutare a ripulire le strade e gli edifici alluvionati. A smentire il luogo comune che essere giovani adesso significhi soprattutto infischiarsene del resto del mondo e pensare (poco e male) solo a se stessi.
4)
Mi piace ringraziare tutti i sanremesi e i non liguri che vedendo i disastri di Genova si sono preoccupati per me e venerdì sera e nei giorni successivi hanno telefonato o mandato messaggi per chiedere dov’ero e come stavo e se avevo subito danni. No, grazie a Dio tutto bene: venerdì ero partito per Sanremo già al mattino, sotto scrosci violentissimi ma ancora intermittenti; e comunque la zona dove abito io è stata immune dai guai; abito abbastanza in alto, sui 120 metri slm, nella valle del rio Carbonara, che è ampia quanto basta per non aver mai avuto problemi seri in nessuna delle tante alluvioni genovesi. Almeno sinora, ma speriamo continui così…
Comunque, sono stati sfracelli e disastri ma ristretti a un’area piuttosto limitata; credo che i danni grossi non abbiano colpito più del 10% del territorio cittadino. Scarsa consolazione per chi vive proprio in quel 10%…