Si era parlato, scritto e discusso per giorni sulla gita del sabato alla Testa Grigia, 3300 e rotti metri in bilico fra val d’Ayas e valle di Gressoney con vista a tu per tu sul Monte Rosa e i suoi ghiacciai. Della salita alla vetta, del breve ma pare vertiginoso percorso finale in cresta con due mila metri di strapiombi a destra e a manca, e dei bellissimi laghetti del Pinter che stavano un po’ più in basso, se mai ci si ferma lì, che vale comunque la pena. Tutto questo si è detto, e si è taciuto un particolare minore ma fondamentale. Che tempo farà sabato?
Venerdì sera, ospiti nella legnosa e accogliente casa di Antagnod (Ayas) di Nicola A. e Silvia his wife, fra il simpatico tramestio dei bimbi loro, Lucia e Pietro, e della loro amica Caterina, così piccola (7 anni) e già così femmina civetta, si capì che avevamo fatto male a dare per scontato che sarebbe sple… splenduto? spleso? participio passato di splendere il sole, il giorno dopo. E la crema di protezione solare fattore 25 portata da Uge sarebbe servita a ben poco.

Di Teste Grigie da vedersi giù dal paese neanche l’ombra, erano le nuvole a essere grigie, e non parliamo del Rosa, che si sarebbe dovuto ammirare in tutto il suo splendore cima per cima ghiacciaio per ghiacciaio dietro la grande e bella chiesa in pietra. Ma che Rosa e Rosa, nuvole e nebbia!

Eqquindi alle 9 del sabato mattina si partì, sotto un cielo plumbeo che velava animi e vette, e si salì poco poco, sino ai 2250 metri di una chiesetta abbandonata a mezza costa lungo un pratone obliquo, appena sopra il paese. Ok, uno schifo di gita se la si vede dal punto di vista del picchio pendio, senza raggiungere nemmeno una fetecchia di passo, una cimetta, un punto panoramico, senza uno squarcio che permettesse di vedere i ghiacciai del Rosa, e con una veloce sbirciata alla Testa Grigia appena svelata, alta e lontana, che ha mostrato un sottile strato di neve caduto sulla cima.
Però a voler fare i minimalisti è stata comunque una bella camminata, umida certo, anzi abbastanza infradiciante, capelli scarponi pantaloni tutti bagnati, ma tutti i prati erano nel fulgore della fioritura estiva, policromi di fiori piccoli e robusti, c’era qualche uccellino che cantava e svolazzava, e il grigio-nube si intonava bene col verde intenso dei prati e dei larici del bosco. Nemmeno la pioggia disturbava più di tanto, evidentemente il piacere di essere in montagna a camminare fuori da strade, auto e rumori superava il disturbo dell’acqua addosso. La giornata non è andata sprecata, insomma. Almeno per me.

A margine, alcune postille:
1) La chiesa di Antagnod è grande, ottocentesca ma ben fatta, col portichetto similrinascimentale e le colonne in pietra grigia. Sa di solida montagna, e ha il cimitero accanto stile Alpi teutoniche. Qui un po’ teutonici lo sono, Antagnod magari no, nel cimitero i nomi son francesi, ma intorno ci sono i Walser. Poi c’è una meridiana sulla facciata, con la solita frase saggia sulla caducità delle cose umane, dice “Unam time, ultimam cave”. Personalmente non mi è chiaro quale sia quell’unam che si deve timere, l’ultimam da cavere invece e’ ovvia. O forse “unam” qui significa qualcosa come “ciascuna”? Non so più tanto di latino, dovrei esercitarmi. Magari facendo le versioni della maturità come fa tutti gli anni il fisico Giovanni Ridolfi, mio ex-compagno di università (a fisica, appunto)
2) A mezz’ora di sentiero sopra Antagnod c’è il santuario di Barmasc, nato intorno alla solita leggenda del quadro della Madonna trovato nel bosco e che non si è più voluto muovere da lì eccetera, e ha di bello che da sotto il pavimento della chiesa sgorga un sorgentone d’acqua fresca, da cui il viandante può dissetarsi attingendo l’acqua che scorre nel prato per mezzo di un grosso mestolo un po’ arrugginito all’uopo ivi appeso.
3) Il monte Rosa alla fine si è mostrato, ma solo alla sera, cinto delle ultime nubi, e domenica mattina, sotto un cielo senza una nuvola, un cielo di estrema limpidezza che mi ha accompagnato nella mia traversata del Piemonte tornando a Sanremo, tanto limpido il cielo che dall’autostrada Aosta-Torino, poco a sud di Ivrea, vedevo al di là della collina di Superga le cime delle Alpi Marittime, l’Argentera e i suoi dintorni.
4) Bella in un senso quasi religioso ‘sta val d’Ayas che sale dai boschi ai pascoli d’alta quota con il muro di ghiaccio sullo sfondo. Non tutte le valli alpine finiscono nel bianco anche d’estate, e credo che davvero per i montanari di altri tempi ‘ste cime sempre candide, altissime, potessero essere sede di dei o demoni. Anche per coloro che come i Walser le valicavano con armenti e impedimenta in cerca di terre su cui vivere in pace.
5) Carina la piazza centrale di Carmagnola, coi portici tanto sabaudi e il palazzotto medievaleggiante assai affrescato. Fa molto vecchio Piemonte (vej Piemunt, si dice così?). Non c’entra con la val d’Ayas, è a sud di Torino, ma ci sono passato all’andata, cazzeggiando un po’ per statali come piace a me.
6) Transitando per la Riviera estivamente popolata di vacanzieri padani al sole riflettevo che tutti questi signori conoscono questa costa quasi soltanto in versione estiva, un po’ calda, un po’ affollata, un po’ foschiosa, e non immaginano il fascino solitario che ha il percorrere queste strade, questa autostrada A10, in una mattina presto d’inverno, con la Corsica che ti guarda lunga e azzurrina dal fondo dell’orizzonte, e se il cielo è veramente limpido, magari dopo una notte di pioggia e di tramontana, si vede un pezzo d’isola d’Elba e il sole che sorge da quello che sembra essere il mezzo del mare e invece ti accorgi che sale su sbocconcellato ai lati, e capisci che sorge da in mezzo a delle montagne, e capisci che sono le Apuane, che questo Mar Ligure che sembra mare aperto invece è un bacino semichiuso che ha i monti non solo dietro le spalle ma anche in fondo all’orizzonte, sull’altro lato, e quelli che oggi fanno il bagno qui dentro tutto ciò non lo possono sapere (ammesso che gliene freghi) perché d’estate le Apuane non si vedono nemmeno all’alba, c’è sempre troppa foschia, e comunque come diceva Achille Campanile è un vero peccato che l’alba avvenga così presto, quando quasi tutti dormono. Un così bello spettacolo dovrebbe avvenire verso sera, dopo il lavoro, all’ora dell’aperitivo, così tutti potrebbero goderne.
7) Spero di tornarci, ad Antagnod, l’anno prossimo, col sole e stavolta anche con Donatella, mannaggia! Era presente in contumacia, se n’è parlato, di lei. Ma non è la stessa cosa, no?

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