Anterselva è la traduzione quasi esatta del tedesco Antholz. E’ una valle laterale della più grande val Pusteria, attraverso cui scorre il Rienza, che a Bressanone si unisce all’Isarco, poi l’Adige…. insomma, profondo Südtirol, quello dove si chiamano Herr und Frau Messner, Brigitte, Wolfgang, e ti dicono Puon Ciorno, come le Sole Barbe, gli scalcagnati lanzichenecchi delle avventure del Signor Martino sul Corriere dei Piccoli del lontanerrimo 1967.
Ad Anterselva /Antholz non vivono lanzichenecchi scalcagnati. C’è invece un laghetto quasi tondo, alto 1630 metri sul mare, una quota che permette alla neve di nevicare e fermarsi anche in quest’inverno da steppa kazaka che è l’inverno 2002. C’è una strada che d’estate porta in Austria, Ost-Tirol, col passo a 2050 metri (ma il 1 gennaio era chiusa per neve), una fitta abetaia tutt’intorno, un ampio recinto di cerbiatti e cervi semiliberi o semiprigionieri, le rocciose e assolate Vedrette di Ries che separano l’Antholzersee dalla Valle Aurina, un rebigo di piste da fondo o da piedi, e uno strato di ghiaccio sulla superficie del lago che ci potrebbe forse passare un’automobile su. Vadasé che le auto si lasciano negli spazi targati P fra gli abeti e a camminare sul lago ci vai a piedi. Che col sole che batteva in faccia i -10° del termometro sembravano quasi tiepidi. All’ombra no, però. Col cielo azzurrissimo e asciutto, le montagne intorno bianche di neve e verdi di abeti, e la superficie gelata del lago, affermo e sostengo, appoggiato dall’autorevole opinione della moglie, che la valle di Anterselva è un gioiello dell’Alto Adige. Resta la curiosità di vederla in estate, mi immagino il lago blu cupo, gli uccelli che cantano nella foresta, le trote che guizzano nelle acque gelide…
C’e’ anche una baita-ristorante-alberghetto, con abbondante menù.
Lungo la strada che da Brunico porta al lago risalendo la valle c’è qualche chiesetta di campagna, bianca col campanile rosso sehr tiroler, e i soliti grossi masi in legno scuro, che dicono tutti che sono stati la salvezza dell’economia agricola tirolese, i masi chiusi, che restano in eredità indivisi al figlio maggiore, così non si disperde il patrimonio di famiglia. A vederli così, massicci, sparsi, imponenti nella campagna, mi fan pensare a quegli omoni bavaresi (ma anche austriaci, insomma Tedeschi) con la faccia rubizza e il pancione gonfio di ettolitri di birra che tracannano un altro litro della medesima appoggiati ai banconi dei bar del Sacro Romano Impero Germanico. Anch’essi solitari, enormi e silenziosi proprio come i masi delle valli tirolesi. In fondo, bevitori di birra e masi chiusi sono entrambi prodotti della stessa civiltà. Però i masi non vanno a pisciare dopo ogni litro di birra bevuta.
Pensiero conclusivo: è ovvio che non si può andare la seconda volta in un luogo se non ci sei stato una prima volta. Quindi ci vuole la prima. Pero’ la seconda è meglio. Hai già superato le incertezze del primo incontro, sai già cosa vale e cosa no, non devi far conoscenza con la gente intorno a rischio di trovarla antipatica, sai già chi è simpatico, chi è bello ritrovare. Di persone e di cose. La prima volta che vai in un posto ti fai un’idea generale, la seconda volta puoi permetterti di approfondire la conoscenza dei dettagli interessanti, tralasci quelli inutili, chiacchieri con i padroni della pensione o con la coppia che c’era già l’anno prima senza partire da zero, salti le presentazioni e scambi pensieri, ricordi e speranze come con vecchi amici. Perché c’è questo di strano, e di piacevole, nelle amicizie-conoscenze che si fanno “lontano”, che anche se ti reincontri solo una volta all’anno, o magari meno ancora, ma sempre “lontano”, ogni incontro si avvicina emotivamente a quello precedente, è una seconda puntata di un unica ininterrotta storia di amicizia, come se invece di un anno fosse passata una settimana.
Non ho voglia di dilungarmi sul tema ma immagino sia chiaro cosa intendo, non capiterà mica solo a me.
Buon gelido gennaio.