Biella è…
la sempre valida birra Menabrea, col suo accogliente ristorante-birreria, e la peculiare bottigliona da 2 litri con supertappoermetico per portarsi la birra a casa senza che si sgasi per un paio di giorni.
il santuarione di Oropa, nel suo contesto naturale di montagne, rocce grigie e boschi di faggi; un santuario proprio bello (a parte l’aspetto santuariesco, che i santuari di grande fama sono un po’ – sia detto senza irriverenza – come i centri commerciali e gli aeroporti, nel senso che si assomigliano tutti: cappelle barocche, ex-voto, chiesone mastodontiche, un’atmosfera un po’ politeista creata dai pellegrini che girano pel sacro luogo come se Dio e la Madonna fossero presenti lì dentro di più di quanto sono presenti, che so, nel bosco circostante o lungo le tangenziali di Milano) ma insomma, proprio bello grazie alle montagne entro cui è infilato.
il faggio zen in bilico con le sue radici nude sulle rocce lungo il sentiero che dal santuario sinuoseggia dentro il bosco, mi piace proprio la foto che gli ho fatto.
il Parco della Burcina, che bisognerebbe portarci in visita guidata e obbligatoria tutti i politici e gli imprenditori italiani odierni, affinché imparino come si possono impiegare mecenaticamente i soldi dei ricchi per arricchire abbellire perfezionare la natura delle città, e di conseguenza anche la qualità della vita dei cittadini
i fiori e gli alberi del parco della Burcina, appunto
la Lulli, amica e ospite a 5 stelle, cavalische dalla mano ferma e ardita
le foto della Namibia in casa della Lulli
eccetera……
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Roma è…
il siciliano Satiro danzante nel buio della sala di Montecitorio in cui è esposto, Bronzo di Riace dei poveri per via della gamba e delle braccia mancanti, ma possente nel suo dimenarsi dionisiaco anche più dei Bronzi calabresi
l’Orto botanico di Palazzo…. Corsini? non ricordo… fra la Lungara e il Gianicolo, con il trionfo di alberi di Giuda in fiore tutti viola porpora, i due platani secolari, le centinaia di girini che si crogiolavano nell’acqua calda con la tartaruga…
l’ingresso dei Musei Vaticani deserto di turisti entranti e di code alle 14,50, ora perfetta per entrare e divagare, altro che i 500 metri di coda delle 8 del mattino dopo!
la Cappella Sistina tutta ripulita e colorata, che roba quel Michelangelo! Pensarla, più che dipingerla, il genio! L’ultima volta l’avevo vista mezza pulita mezza no, comunque non era la stessa cosa
Dafne che si tramuta in alloro per sfuggire ad Apollo che la vuol ghermire alla Galleria Borghese. Gran bella ragazza, comunque, prima di diventar albero! Apollo ci dev’essere rimasto male
I mosaici bizantini e bizantineggianti di San Clemente, Santa Qui e San di Là, che non serve ricordarsi i nomi delle chiese scoperte per caso girando per strade e stradette, basta che restino negli occhi i colori e le facce di santi regine madonne costruite con le tesserine colorate e la pazienza dei mosaicisti di 1600 anni fa
l’Aventino è sempre un gran bel posto. A parte il panorama, già il verde, i merli, il silenzio… “qui i muri valgono oro!” diceva en passant un signore elegante a un altro signore elegante con cui passeggiava fuori da una chiesa matrimoniante
la creusa da birrino itinerante che scende dall’Aventino verso il Tevere, non la conoscevo, un po’ larga in verità per essere una vera creusa, ma lepegosetta e piena di erbacce e cacche di cani proprio come usa qui a Zena nelle creuse un po’ abbandonate
la messa delle Palme in piazza San Pietro, officiante GP2, seduti comodi nell’aria fresca e serena, due ore di messa canti latini sventolar di olivi e letture in lingue di varie parti del mondo; però due ore che non sono pesate per nulla, complici forse anche i seggiolini, dai. Papa dalla voce tremula ma tosta. Cantare, beh, chissà se a scuola a Cracovia il Karolino era nel coro di Natale…. ma si impegna, eh!
Nancy Brilli sul nostro stesso aereo, che anche lei andava a Sanremo. No, non abbiamo fatto il viaggio insieme, era parecchi sedili più avanti. All’aeroporto a Genova l’abbiam persa, peccato
eccetera….
Genova è…
tante cose, certo, ma una adesso: una mostra al Museo Diocesano, 14 arazzi sulla passione di Cristo in tela jeans. Mica roba moderna, pittori di scuola lombarda del primo Cinquecento ispirati da Albrecht Duerer, più qualche altro autore successivo ma non troppo. Belli, grandi, personaggi con pathos, ricchezza di dettagli, tutto sul blu sdrucito dei jeans quelli soliti.
“Jeans” da “Genova”, si sa. Prima di farne pantaloni per ragazzi ne facevano tele da dipingere. Eh?!