Il Birrino Itinerante è una variante evoluta del Birrino-con-Uge.

Il Birrino con Uge – com’è noto – consiste nell’incontrarsi circa una sera la settimana con alcuni amici di vecchia data (Eugenio “Uge” Fer… in primis, eroe eponimo della vicenda) per chiacchierare oziosamente del più e del meno seduti a un tavolo della Barcaccia 2 a Castelletto, sorseggiando qualcosa da bere. Semplice tran tran amicale, insomma.
Questi incontri prendono il nome di “birrini” su proposta di Uge, in onore di una citazione letteraria di Beppe Fenoglio – o Cesare Pavese, ora non ricordo bene – che in un suo libro dice di un Tizio che “uscì con due birrini in tasca” (più o meno). L’Autore intendeva sic et simpliciter due piccole bottiglie di birra, noi abbiamo metaforizzato il termine trasformando il birrino da mera bottiglia di ridotte dimensioni destinata a contenere una bevanda nutriente a base di cereali fermentati a incontro socializzante e abitudinario fra amici consolidati.
Codesti amici sono vari benché non varissimi, un po’ sempre gli stessi insomma. Conditio sine qua non è che vi sia Uge. Perché il Birrino o è con Uge o non è. Si è dato talvolta infatti il caso che io o altri si abbia dato improvviso forfait, ma non si contempla ancora il caso in cui Uge sia stato assente e il birrino abbia cionondimeno avuto luogo.
Tecnicamente, comunque, non è indispensabile bere birra: Uge beve coca cola.

Il Birrino Itinerante sta al Birrino con Uge un po’ come Rupicapra pyrenaica ornata sta a Rupicapra pyrenaica: il camoscio d’Abruzzo è una sottospecie del camoscio dell’Europa meridionale, e l’Itinerante idem.
Itinerante è quando prima di sedersi a bere (Barcaccia o più raramente altrove) si cammina per un’oretta lungo le creuse e i sentieri di collina o i caruggi antichi del centro storico, sano esercizio fisico e esplorazione degli angoli nascosti della città insieme.

Ieri, con Uge e Ada (che è un uomo: Andrea D’Acq…. Ma quando lui e i fratelli erano boy scouts, la loro mamma cifrava i vestiti ché non li perdessero, e lui era A D A. Ormai per me Ada è un nome maschile, come Andrea è nome femminile per gli svizzeri) siamo andati a San Pantaleo e Sant’Antonino. Sono due frazioncine, due grumetti di case campagnuole fra alberi orti e ruscelletti a un tiro di pigna dal traffico urbano di Staglieno e di Manin, quasi a ridosso del casello autostradale di Genova Est. Vera campagna in città. Collegate fra loro da via San Pantaleo, un viottolo asfalticchiato che si fa bene in moto, benino con molta cautela in macchina piccola (la prima metà della strada l’ho fatta con la Y10 un paio di volte) totalmente vietato per eccessiva strettezza dei muri per le auto più grandi della Panda (e già mi chiedo come ci sia arrivata quella Panda rossa che c’era ieri sera, laggiù). A San Pantaleo c’è una chiesa dirutissima, quella di Sant’Antonino è integra e funzionante. Si cammina fra abbai di cani, alberi in fiore e in prime foglie, orti, casette colorate, le luci dell’operosa val Bisagno sottostante, il buio dei boschi del Righi sopra le spalle. E si incrociano i binari del trenino di Casella, gioiello delle ferrovie a scartamento ridotto, che nel suo primo tratto sinuoseggia proprio intorno alla via San Pantaleo.
L’andata l’abbiam fatta lungo la stradina (benissimo illuminata, onore all’Assessore ai Lampioni), ma siamo tornati indietro sui binari, camminando fra traversine e rotaie, nel buio della notte nuvolosa e arrossata dalle luci cittadine in basso, fra sterpaglie, pini e una breve galleria. Scomodo il pietrisco ferroviario per camminare con scarpe cittadine. Ci si chiedeva se i viaggiatori del trenino di Casella usino molto i gabinetti dei vagoni, in viaggio… Così al buio, mica si vedeva su cosa si mettevano i piedi…
Ma c’era quel bell’odore di vegetazione rugiadosa, di terra umida della notte.

Va ben, d’accordo, niente di trascendentale come serata, ma suggestivi, nel loro piccolo, tanto il percorso stradale lungo Via San Pantaleo e Salita Sant’Antonino quanto quello ferroviario lungo i binari. In quell’atmosfera un po’ onirica che ha la campagna di notte, specie quando avverti la presenza di una città vicina, che è lì, ma è come se fosse altrove.

Poi Vespa e scooter che aspettavano fedeli come Saltapicchio, il rumore delle auto su per via Carso, la discesa a Castelletto, la birra, buonanotte…

(Scritto il 13 marzo 2003)

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