A Natale ho ricevuto da un’amica torinese un inatteso regalo: il libro “Atlante di botanica poetica”, del botanico francese Francis Hallé, edito nel 2018. Hallé ha lavorato a lungo nelle foreste tropicali ed equatoriali e in questo libro descrive, con l’accompagnamento di disegni in bianco e nero o a colori, piante “…strane, dall’estetica bizzarra, dall’inattesa comicità o per la poesia che gli ronza intorno come le api di un alveare…”.
Tra la trentina di piante descritte (alberi, liane, erbe, fiori) quella che trovo più affascinante è una liana che vive nel Cile centrale, Boquila trifoliolata. Cito: “Questa liana rampicante ha sviluppato una forma di adattamento davvero singolare. Per difendersi dagli insetti erbivori, imita le foglie dell’albero cui si aggrappa. La foglia opera una metamorfosi completa per imitare quelle del suo sostegno: arriva infatti a modificare le dimensioni, la forma, il colore, l’orientamento e persino la trama delle sue nervature, in modo da confondersi alla perfezione con il fogliame dell’albero. Se durante la crescita cambia albero, può persino avere su uno stesso fusto foglie completamente diverse in funzione dell’albero su cui si trova…” eccetera. Un fenomeno che prende il nome di “polimorfismo mimetico”.
Ovviamente per ogni pianta che leggo su ‘sto libro faccio qualche ricerca nel web per cercare altre informazioni e puntualmente le trovo identiche a quanto scritto da Hallé.
Per i botanici il problema è: come fa questa liana a sapere che forma hanno le foglie degli alberi su cui si arrampica per poterle imitare? Ecco, questo non l’ha ancora capito nessuno. Si fanno un paio di ipotesi che è difficile decidere se siano più ragionevoli o più magiche: una suppone che l’albero emetta composti organici volatili in grado di attivare nella liana geni specifici che operano sulle foglie in crescita, un’altra prevede il “trasferimento genico orizzontale”, cioè senza comunicazione sessuale, tra albero e pianta. Ma sono ipotesi che non convincono gli stessi botanici.
Una terza ipotesi, apparentemente ancora più assurda ma forse no, suppone che i geni preposti a dar forma alle foglie si attivino perché la liana “vede” le foglie dell’albero su cui cresce. Insomma, che abbia degli organi atti a percepire le forme intorno a sé, qualcosa di analogo agli occhi degli animali.
In attesa che qualcuno capisca come funziona davvero questa faccenda, qual è la morale? Per me la morale è sempre quella (fai merenda con Girella, diceva una pubblicità tv del Paleolitico Superiore), quella morale con cui convivo felicemente nella mia normale vita quotidiana: le piante sono tra le massime meraviglie dell’universo. O del Creato, per dirla in un altro modo. Il vero colpo di genio di Dio non è stato aver creato l’uomo ma aver creato le piante. La capacità di affrontare il mondo e di adattarsi ad esso e di risolvere i problemi, in altre parole l’intelligenza che dimostra la parte vegetale del mondo, noi animali ce la sogniamo, anche se sappiamo di greco e di latino e di analisi matematica.