A sciùra de çitrùn: la zàgara della “valle buona” del Ponente ligure

Rivista: La Casana
Editore: Carige
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: 2012, anno LIV, n°3
(pubblicato sotto pseudonimo)

Descrizione

Nell’estremo Ponente ligure, a monte di Bordighera, in quella terra felice dove le stagioni sono tre perché non esiste l’inverno e i dialetti hanno sonorità provenzali, c’è una valle breve e illuminata dal sole, ricca di acqua sorgiva.

É la terra col clima più mite al mondo lungo il 44° parallelo. Nel periodo fra Natale e la fine di gennaio fioriscono centinaia di alberi di mimosa e i due versanti della valle diventano un’unica distesa di fiori gialli più luminosi del sole invernale che splende limpido ma ancor basso sull’orizzonte. Prima delle mimose erano fiorite le ginestre bianche, e la valle si era vestita di nuvole… Una terra ricca da sempre: dicono gli storici locali che durante la seconda guerra mondiale chi possedeva dei terreni qui otteneva merci a credito nei negozi della costa, unici fra i contadini di tutto l’entroterra. Il borgo al centro di questa valle si chiama Vallebona, e se mai nomen fu omen ciò accade proprio qui.

Strette strade agricole salgono sulle colline terrazzate a monte del paese in un paesaggio di olivi, ginestre, mimose, qualche serra, il mare alle spalle, di fronte il borgo “principesco” di Seborga alto sul suo poggio ameno; sono strade tortuose e ripide, più adatte alle vecchie Panda che alle automobili ultramoderne che nelle pubblicità televisive sembrano costare pochissimo. Una di queste straducole raggiunge un edificio in pietra che pare uguale a tanti altri. Poi si apre una porta… e si percepisce la differenza. Ancor prima di entrare si è investiti da un profumo forte, un aroma intenso e corroborante che viene voglia di allargare tutti i polmoni sino all’ultimo alveolo per immergersi dentro questa meraviglia della natura e dell’arte umana. È una distilleria di piante aromatiche. O meglio, questa è l’unica distilleria di Vallebona in attività, rimessa in funzione pochi anni fa per far rinascere un’attività artigianale di gran pregio tipica di questa valle e dell’estremo Ponente, un’attività che ha alle spalle un storia plurisecolare ma che per ragioni di malintesa modernità alle fine del secolo scorso ha rischiato di scomparire per sempre. Onore al merito del figlio dell’ultimo distillatore vallebonino che ha deciso di riprendere l’attività degli avi e onore al merito di Slow Food che ha creduto in lui, istituendo nel 2011 il suo tredicesimo Presidio ligure. L’autore di questo articolo ha visitato la distilleria a metà luglio e l’aroma totalizzante che ha respirato entrando nella distilleria era quello del rosmarino, 50 chili di rami e foglie immersi nel vapore dentro un grosso “alambicco” per produrre un olio essenziale e un’acqua profumata in grado di risvegliare un morto. Ma in altri periodi dell’anno da quel locale caldo e profumato, da quei grandi apparecchi distillatori escono altri olî, altre essenze, altre acque. Lavanda, eucalipto, timo, pino marittimo, origano, basilico… e fiori d’arancio. È per l’acqua di fiori di arancio amaro che si è mossa Slow Food col suo Presidio.

Fino a pochi decenni fa le terrazze in pietra a secco della colline di Vallebona erano coltivate ad aranceti – in particolare alberi di arancio amaro, Citrus aurantium var. amara, di probabile origine cinese, portato in Italia dagli arabi nel IX secolo e giunto in Liguria dalla Provenza alla fine del Settecento – ma anche a rose o a erbe aromatiche come lavanda, timo, rosmarino. La città francese di Grasse, capitale della profumeria, non è lontana e in molte località della Riviera dei Fiori vicine al confine francese si era affermata la tradizione di distillare acque profumate e olî essenziali per uso cosmetico. Per fare qualche cifra storica, nel 1915 c’erano una distilleria a Vallebona, una a Bordighera, una a Ventimiglia più 35 altre distillerie sparse nell’allora provincia di Porto Maurizio; la materia prima erano i fiori d’arancio ma si distillava moltissima lavanda e diverse altre erbe. E proprio l’arancio amaro aveva trovato a Vallebona un clima assai congeniale, tanto che la coltivazione e la raccolta dei suoi fiori da distillare erano la colonna portante dell’economia locale. C’erano migliaia di piante e si dice che le navi al largo sentissero il profumo di zagare quando passavano davanti alla costa di Bordighera. Nel periodo di raccolta, in maggio, i raccoglitori arrivavano anche dalle vallate vicine e dall’entroterra: si iniziava di primo mattino raccogliendo i fiori appena aperti, più umidi, che erano deposti su teli di stoffa per farli asciugare delicatamente e portati poi a distillare prima che facesse troppo caldo.  …

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