Descrizione
“Essere tra i primi turisti che visitano una regione suscita una serie di sensazioni contrastanti: la vanità personale per essere stati “là dove tu mai” come cantava De Gregori; la soddisfazione, più altruistica, di aprire una nuova strada per altri che seguiranno dopo. La coscienza di essere arrivati in terre così poco umanizzate come é ormai impossibile trovarne attorno a casa nostra. Il fascino della bellezza veramente “selvaggia” di una natura assolutamente non addomesticata. Però c’è anche il timore di aver dato il primo contributo alla rovina di quei luoghi. L’inevitabile dilemma che accompagna ogni tipo di “valorizzazione turistica”, per quanto delicata essa sia: o si é dei privilegiati, se l’accesso sarà sempre limitato a pochi, o può essere l’inizio della fine…
Natura come l’Europa ventimila anni fa: la natura vera, quella con la N maiuscola, quella che i nostri bis-tris-nonni veneravano come Grande Madre, che popolavano di divinità e di folletti. Impossibile in Italia pensare di poter camminare per cinque ore senza incontrare non diciamo un viandante o una casa, ma nemmeno un pezzo di prato falciato o un albero tagliato. Volare in elicottero per più di un’ora sorvolando solo foreste, fiumi e prati senza una traccia anche minima di attività umana fino a dieci minuti prima dell’arrivo all’aeroporto. Come andare da Genova a Bologna senza veder nessuna opera umana fino a Modena… E poi, quale può essere la sensazione nell’ingozzarsi di mirtilli a trenta metri da un orso che sta facendo la stessa cosa, mangiar funghi a cena in 15 persone limitandosi ad avere raccolto solo quelli che si sono trovati lungo il sentiero, osservare i salmoni che saltano nel fiume e gli orsi che la sera scendono in acqua a mangiarli, per nulla disturbati da dieci esseri umani che li fotografano, e qualcuno li chiama “orso… orso…” con il tono con cui direbbe “micio… micio…” a un Aristogatto?”