Descrizione
Un articolo conservato ottantacinque anni
Era il 9 gennaio 1930. Quasi ottantacinque anni fa. A pagina 4 dello storico quotidiano genovese Il Lavoro comparve un lungo articolo che portava per titolo “Il valico dell’Appennino per la Bocchetta”. L’anonimo giornalista prende in esame le vie di comunicazione fra Genova e la Pianura Padana evidenziando “l’importanza del Passo della Bocchetta per il traffico industriale e commerciale che si svolge a mezzo di numerosissimi camions che intervengono… ad alleviare il congestionamento nei trasporti delle merci… sulle due linee [ferroviarie] dei Giovi…”.
Non essendoci ancora la Camionale – poi autostrada A7 – gli automezzi salivano i ripidi tornanti della Bocchetta, collegamento tra Genova e la Pianura più breve della strada dei Giovi e di quella del Turchino. L’articolo perora l’apertura di una breve galleria tra Pietra Lavezzara e Molini di Fiacone (oggi Molini di Fraconalto) che eviterebbe agli automezzi di dover salire sino ai 772 metri del passo, ma ciò che ho trovato interessante è l’accenno a una fantomatica Direttissima; cito testualmente: “la ferrovia… ha periodi di ingorgo e non può corrispondere in dati momenti alle urgenti richieste: il che non accadrà più quando sia in funzione la Direttissima. è noto però che la realizzazione di questa esigerà almeno una decina d’anni ancora, quando la si decidesse ed iniziasse prontamente…”. A fine articolo si legge “mentre si attendono le invocate provvidenze per la Direttissima…”. Gennaio 1930, l’ottimista estensore dell’articolo ipotizza “una decina d’anni ancora” per la realizzazione di una linea ferroviaria direttissima fra Genova e la Pianura Padana. Viene da ridere, no? Vero è che – ottimista ma non abelinato si premura d’aggiungere “quando la si decidesse ed iniziasse prontamente”. Ecco, è l’avverbio che fa la differenza… Che altro posso dire? Che ho 55 anni e mi piacerebbe che Dio mi concedesse una vita sufficientemente lunga per poter salire un giorno su un treno che vada da Genova a Milano su questa linea Direttissima (che oggi piace chiamare Terzo Valico). Dirò anche che l’articolo di ottantacinque anni fa lo posso leggere perché l’aveva conservato il Nonno Antonio, mio nonno paterno, da cui passò per vie ereditarie a mio zio Gianfranco che lo custodisce con molti altri fogli di quotidiani vecchi di decenni ricevuti da suo padre-mio nonno. Nel gennaio del ’30 il Nonno Antonio aveva ventinove anni, era vigile urbano a San Pier d’Arena, giovane marito ancora senza figli, e mi chiedo con quali criteri decideva che un certo articolo di giornale meritasse d’essere conservato. Sapeva che quei fogli sarebbero – a loro modo – diventati documenti storici? Probabilmente ne era conscio. E cosa penserebbe oggi se potesse sapere che la Direttissima ancora non esiste, che la “decina d’anni” della sua pronta realizzazione si è allungata sino a diventare (almeno) una novantina?