Descrizione
Nell’elzeviro di dicembre Sara Gadducci scriveva della visita del Papa in Turchia e dei suoi incontri con i locali capi religiosi ortodossi, musulmani ed ebrei, e concludeva citando la condanna “per ogni forma di violenza che cerca una giustificazione religiosa”. Bellissime parole che sembrano essere state rapidamente smentite dai fattacci parigini del 7,8 e 9 gennaio, l’assalto alla redazione del periodico satirico e tutto ciò che ne è seguito. Sono stati dati due significati politico-culturali a quei tragici eventi: si tratterebbe di un ulteriore episodio della plurisecolare contrapposizione culturale e religiosa fra Oriente islamico ed Europa cristiana, anzi fra islam “intollerante” ed Europa “democratica” (come se all’uno fosse connaturata la violenza e l’altra fosse interamente tollerante e libertaria), e secondariamente sarebbe un momento dell’eterna lotta fra totalitarismo e libertà di pensiero, di cui la libertà di stampa è una delle più efficaci manifestazioni, e la satira sta ai vertici di questa scala di libertà. Totalitarismo e satira sono sempre stati in lotta fra loro; il poeta Orazio diceva che “il ridicolo risolve le grandi questioni meglio e più vigorosamente della serietà” ma quanti sono stati i tiranni allegri e dotati di senso dell’umorismo? Credo molto pochi. Condivido entrambe le spiegazioni ma penso anche che questi fatti accadono perché i tiranni e i predicatori di odio trovano facilmente truppe da arruolare per le loro guerresante, soldati semplici pronti ad ammazzare e farsi ammazzare senza capire davvero il perché. Perché tanta gente pensa che dulce et decorum est pro patria mori, sia dolce e onorevole morire per la patria, anche quando la “patria” è un’entità che esiste solo per il fanatismo di qualche barbuto predicatore nerovestito e grazie a una violenza che stravolge un messaggio religioso di respiro universale quale l’islam? Io credo che molti di costoro siano mossi soprattutto da infelicità e insicurezza individuali: sono molti coloro – specie nelle grandi città – che vivono in condizioni emotivamente e psicologicamente infelici e generalmente non hanno fatto niente per meritarsi ciò se non nascere e crescere nel posto sbagliato e magari dalla famiglia sbagliata; se si aggiunge una personale debolezza di carattere e l’ignoranza subita o voluta, diventa facile capire come molti necessitino di una Verità totalizzante a cui affidarsi per vivere (ed eventualmente morire), e pazienza se questa presunta verità considera nemici da eliminare coloro che più intelligenti e più liberi di spirito, quindi più felici – non la condividono. Necessitano di un’ideologia “grande” per darsi una ragion d’essere e cosa c’è di più grande e alto della religione? Ma la religione è solo un alibi per giustificare la loro rabbia e le loro perversioni e dare ad esse una patina di nobiltà e farli apparire eroici agli occhi dei loro ingenui e criminali commilitoni. Storia vecchia, peraltro: chi ha sparato a Parigi “in nome del Profeta” non mi pare diverso da quei militari tedeschi che nel 1944 ammazzavano cittadini inermi e bruciavano paesi in nome del Führer o dai soldati francesi che nel 1209 massacrarono i cattolici e i catari di Béziers perché l’arcivescovo di Narbona aveva detto “uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”. Ma queste sono faccende perversamente e tragicamente umane in cui Dio non c’entra per nulla. Il più comune saluto islamico è “as salaam aleichum: la pace sia con te”. La pace. Cioè quello che la maggior parte degli esseri umani dalla Francia allo Yemen, dalla Nigeria all’Afghanistan – desidera per sé e per i propri affetti, a prescindere da tutte le bestemmie di morte che sono state, sono e saranno pronunciate e realizzate in nome di Dio Padre e Gesù Cristo (sempre sia lodato), di Allah e Maometto (pace e benedizioni su di lui), di YHWH e Mosè, di Buddha, Brahma, Zarathustra, Confucio e Manitù.