Descrizione
Si può camminare per le vie di Gavi ammirando le facciate dipinte in puro stile genovese, sbirciando le vetrine golose di prelibatezze gastronomiche, raccogliendosi in preghiera nella chiesa romanica e barocca di San Giacomo, senza quasi accorgersi di lui.
Il Forte è vicino, ma fa di tutto per non disturbare, per non sembrare troppo incombente. Anche le sue vie d’accesso sono defilate e invisibili, la salita pedonale che parte dal centro si fa trovare solo da chi la conosce già e per raggiungerlo in auto c’è una stradetta periferica e strettissima che facilmente sfugge all’occhio di chi gli transita accanto. Insomma, il Forte di Gavi manifesta un understatement tanto genovese quanto esagerato; perché questa fortezza, alta su un colle dal vasto e ammirevole panorama, è un magnifico esempio di architettura militare; è uno dei più importanti edifici militari della Repubblica di Genova – quindi della Liguria in senso storico – che ottimamente figura anche nel panorama architettonico militare del Piemonte, regione cui dalla metà del XIX secolo fa parte.
Come molte fortifica zioni storiche, anche il Forte di Gavi ha probabilmente un’origine pre-storica; pur nell’assenza di testimonianze, è bello immaginare che su questa rocca esistesse un qualche fortilizio ligure preromano. Il sito è adatto, una rocca facile da difendere che domina la media valle del torrente Lemme, giusto a metà strada fra le sorgenti a ridosso del passo della Bocchetta e la confluenza nell’Orba nella pianura di Predosa. Il primo documento che testimonia l’esistenza di un ”castello ” sopra Gavi è un atto notarile del 973, con cui Lamberto figlio del marchese Ildebrando di Bosco lo vende al sacerdote Roprando. A ciò fa seguito un diploma dell’imperatore Enrico IV che il 30 maggio 1191 lo vendette alla Repubblica di Genova insieme al borgo di Gavi. Fino al 1418 il castello rimase genovese, anche se – come si dice per non diventar prolissi – “tra alterne vicende”. Faccende di guerra lo posero poi sotto il dominio dei Visconti di Milano, che investirono in seguito il feudo di Gavi ai Fregoso e poi agli Sforza, dai quali passò infine alla nobile fa miglia alessandrina dei Guasco, signori del limitrofo feudo di Francavilla. Ma l’interesse di Genova per quel castello non era mai venuto meno e si ebbe un tentativo di impossessarsene manu militari nel 1515; azione vanificata tre anni dopo sia dalla malaria che colpì la scarna guarnigione genovese, sia dall’ordine venuto dal governo francese (che all’epoca esercitava una signoria di fatto su Genova) di restituire il maltolto ai legittimi proprietari. Dove non poterono le armi poté il denaro: nel 1528 Antonio Guasco vendette Gavi con castello e territorio alla Repubblica in cambio di mille ”luoghi” versati dal Banco di San Giorgio e dell’iscrizione della famiglia Guasco nell’albo d’oro della nobiltà genovese. Da allora, sino alla caduta di Napoleone, il castello di Gavi appartenne a Genova. Per passare sotto il governo dei Savoia in seguito all’annessione della ex-Repubblica al Regno di Sardegna.
I secoli non passano senza lasciar traccia e l’aspetto attuale del Forte di Gavi è molto diverso da quello che apparve agli occhi del primo Castellano che ne assunse il governo nel 1528 con l’obbligo di osservare le regole e le procedure contenute nei “Capituli et ordini da observare in lo Castello di Gavi”. Era piuttosto piccolo, doveva avere due bastioni, un torrione, una torre e occupava solo una parte di quello che oggi è il corpo più alto e più antico del complesso. L’intenzione del governo genovese era di renderlo un’importante po stazione militare dell’Oltregiovo a difesa dei confini setten trionali del territorio genovese; così tra il 1537 e il 1540 vennero eseguiti i primi interventi importanti di trasformazione sotto la direzione di Giovanni Maria Olgiati, un ingegnere militare di origine lombarda a cui Genova aveva affidato la revisione delle mura cittadine trecentesche e che nel 1544 incaricherà di edificare la rocca del Priamar a Savona. Giunse poi la sanguinosa guerra del 1625, scatenata da Carlo Emanuele duca di Savoia contro Genova per il possesso del Marchesato di Zuccarello, ennesimo capitolo del plurisecolare tentativo dei Savoia di ottenere uno sbocco al mare che fosse raggiungibile da Torino più facilmente della lontana Nizza. Le truppe savoiarde, coi francesi come alleati, invasero il Monferrato e giunsero a Gavi sulla fine del marzo 1625. In breve, Gavi e il castello furono assediati dalle truppe franco-sa baude e senza grossi combattimenti dopo pochi giorni la guarnigione si arrese,con qualche danno e poco onore. Tornata la pace, il senato genovese decise di rinforzare la rocca trasformandola in una vera fortezza adatta alle esigenze belliche del XVII secolo. Affidò l’incarico all’ingegnere militare piacentino Gaspare Maculano, meglio noto come Frate Vincen zo da Fiorenzuola, un domenicano che oltre a occuparsi di matematica e di fortezze fu anche – en passant – Commissario del Sant’Uffizio e nel 1633 istruì il processo contro Galileo Galilei. Ma qui ci interessa come architetto militare, che a Genova lavorò anche aIla costruzione delle Mura Nuove. I lavori iniziarono nel 1626 e terminarono nel 1629. Il risultato fu all’incirca ciò che si vede oggi: un edificio articolato e complesso, grande quasi il triplo del precedente castello, con sei bastioni e numerosi edifici per l’alloggiamento dei militari e delle artiglierie, una struttura massiccia ma movimentata, che si articola su più livelli e si sostiene su pareti di roccia scolpita con mazzuolo e scalpello; roccia che costituisce con le sue venature cristalline la struttura portante del massiccio complesso e che si amalgama con la costruzione umana, al punto che non è sempre facile distinguere dove stia l’opera dell’uomo e dove quella della geologia. …