Descrizione
In ogni città c’è qualche monumento che non può essere tralasciato nemmeno da colui che le guide del Touring Club Italiano di una cinquantina d’anni fa definivano “il turista affrettato”. A Palermo alcuni di questi imperdibili monumenti sono capolavori della natura, di fronte ai quali qualsiasi Homo sapiens dovrebbe sostare in ammirazione e raccoglimento con umiltà.
Poi, dopo aver riflettuto sulla piccolezza – sovente non disgiunta da presunzione – dell’individuo umano di fronte alla natura, è ammesso fotografare i colossi, cercando di catturarne non l’anima, troppo difficile da comprendere per noi che abbiamo solo due gambe e due braccia, ma un’immagine del corpo almeno parziale, ché intero difficilmente entra nell’obbiettivo di una macchina fotografica. Il nome scientifico è Ficus macrophylla ma è noto anche come ficus magnolioide o fico della Baia di Moreton, la località australiana dove grosso modo ha le sue origini: è il più esteso albero del mondo, un gigante dalla forma complessa e articolata che qualcuno ha definito “albero camminatore”.
Il suo “camminare” è dovuto allo sviluppo di radici aeree colonnari che scendono dai rami e raggiungono il terreno dove si tramutano in tronchi supplementari, pilastri che collaborano col tronco principale a sostenere il peso della grande chioma dell’albero e funzionano anche come radici per assorbire acqua e nutrimento dal terreno. Le radici colonnari espandono il territorio vitale dell’albero mentre il tronco e le radici principali inglobano tutto ciò che trovano intorno, spostano e demoliscono muri1. Uno dei più grandi Ficus macrophylla d’Italia troneggia tra i viali dell’Orto Botanico di Palermo, una delle maggiori istituzioni di questo genere in Europa.
Dall’Eden al dopoguerra
“Dio piantò un giardino a oriente, nella regione di Eden e vi mise l’uomo che aveva plasmato. Fece spuntare dal suolo alberi d’ogni specie: erano belli a vedersi e i loro frutti squisiti…”. Anche se la maggioranza dell’umanità vive nelle città tra cemento e asfalto, nel profondo dell’anima siamo e restiamo animali “da giardino”. E non è per caso che il sostantivo Paradiso derivi da un vocabolo antico-persiano che significa proprio “giardino”: un luogo dove la natura è regolata e controllata dall’uomo per viverci in pace e sicurezza.
Correvano gli ultimi decenni del Settecento e il regno di Napoli e di Sicilia, governato dai Borbone, non era estraneo al diffondersi delle idee illuministe che dominavano, con maggior o minor successo, la cultura delle nazioni europee. Nel 1779 venne fondata la Regia Accademia degli Studi di Palermo, antenata dell’attuale Università che dopo due anni ottenne dal Senato cittadino un modesto appezzamento di terra sul Baluardo di Porta Carini per destinarlo a Orto Botanico dove coltivare i “semplici” ovvero le piante medicinali utili all’insegnamento. Ma lo spazio era inadeguato così si decise il trasferimento nel Piano di Sant’Erasmo, nelle terre della Vigna del Gallo del duca Ignazio Vanni d’Archirafi accanto alla pubblica Villa Giulia sorta nel 1777 presso la riva del mare. All’inaugurazione, nel dicembre 1795, l’Orto era ampio solo 1,2 ettari ed era ripartito in quattro settori rettangolari con le collezioni ordinate da Bernardino da Ucria3 secondo il sistema di Linneo; vi erano poi fontane e vasche fra cui un magnifi o Aquarium, dono dell’arcivescovo di Palermo, Filippo Lopez y Royo. Il complesso comprendeva tre edifici, il centrale Gymnasium in stile neoclassico (neogreco) sede della Schola Regia Botanices, dell’Herbarium e dell’alloggio per il direttore, e gli adiacenti Calidarium e Tepidarium. Tutto, tranne l’Acquarium, era stato progettato dall’architetto francese Léon Dufourny. Tra il 1796 e il primo ventennio del XIX l’Orto si ingrandì, si impiantò un boschetto esotico e venne sistemato il Giardino d’inverno. Nel 1906 ulteriori ampliamenti gli diedero le dimensioni attuali di circa 10 ettari. Ma più grande non signifi a più sicuro…dal piano regolatore cittadino del 1886 a quello di ricostruzione postbellica del 1946 furono diversi i tentativi di ridurlo e smembrarlo; a ciò si opposero sempre i direttori che si susseguirono nel tempo e toccò a Francesco Bruno ottenere nel 1954, dopo una battaglia sua personale e del mondo accademico e culturale palermitano, la delibera comunale per la definitiva conservazione dell’Orto Botanico. …