Descrizione
Intervista a Esther Cuesta Santana
Quando il Direttore mi propose di intervistare la Console Generale dell’Ecuador, immaginai che avrei incontrato una donna di età matura dai gesti misurati e solenni… Mi sbagliavo: Esther Cuesta Santana, Cónsul General del Ecuador en Génova, è più giovane di me e molto graziosa e l’intervista è stata una piacevole conversazione dai toni amichevoli e informali al punto che mi sarebbe venuta voglia di darle del tu come se ci si conoscesse da tempo. Non mi sono permesso, naturalmente! I toni sono stati informali ma gli argomenti trattati erano quelli che dovevano essere, è stata una conversazione seria. Per cominciare ho appreso che il legame tra Genova e l’Ecuador data da metà Ottocento, quando molti liguri emigrarono laggiù stabilendosi a Guayaquil, la più popolosa città e principale porto dalla nazione. Si pensi che già nel 1845 a Genova c’era un console onorario ecuadoriano e nel 1853 Guayaquil era sede di un Consolato del Regno di Sardegna; il vice console era Carlo Bombrini, uno dei fondatori dell’Ansaldo; dall’Italia si esportava in Ecuador soprattutto olio, tessuti, salumi, e anche tecnologia. Ne discende che oggi l’80% degli abitanti di Guayaquil di origine italiana sono liguri e anche da questi trascorsi deriva che dei tre Consolati Generali dell’Ecuador aperti in Italia quello di Genova sia il secondo per importanza, dopo Milano ma prima di Roma. Il legame tra Genova e l’Ecuador si ravvivò negli anni Ottanta del secolo scorso, quando iniziarono ad arrivare qui le prime donne ecuadoriane, che in patria erano state per lo più al servizio di famiglie ricche discendenti dagli emigranti liguri o che erano in relazione con famiglie genovesi per motivi di amicizia o di affari. Alle prime donne se ne aggiunsero altre, poi arrivarono i mariti e i figli… oggi ci sono circa ventimila cittadini ecuadoriani in provincia di Genova, di cui diciassettemila a Genova, e di questi circa cinquemila abitano a San Pier d’Arena (tremila donne, duemila uomini) che è il primo quartiere della città per consistenza della comunità ecuadoriana, seguito a distanza dalla Val Polcevera. Le ragioni per scegliere il nostro quartiere sono il calo demografico seguito alla crisi industriale di fine XX secolo che ha reso abbordabili i prezzi delle abitazioni, e l’essere questo un quartiere centrale da cui si raggiunge facilmente ogni punto della città. Poi, come sempre, vale molto il desiderio di ritrovarsi tra “compaesani”, come succedeva nelle varie Little Italy che i nostri emigrati creavano in giro per il mondo. Compaesani… ma non sempre, data la non piccola quantità di matrimoni e convivenze misti fra ecuadoriani e italiani o persone di altre nazionalità. Una novità degli ultimi anni è però il lieve calo della popolazione scolastica, ma non per abbandono bensì perché alcune famiglie ecuadoriane e alcuni giovani tornano in patria. La crisi… Oggi in Ecuador c’è più sviluppo, più occasioni di lavoro, maggiori opportunità che in Italia per la forza lavoro qualificata. A emigrare in Ecuador sono anche famiglie miste, moglie ecuadoriana e marito italiano; segno dei tempi… Gli ecuadoriani sono in generale soddisfatti di San Pier d’Arena, e i problemi, che indubbiamente ci sono, derivano soprattutto dalla giovane età media della comunità, sono – diciamo problemi generazionali: i ragazzi soffrono la marginalità economica e linguistica e anche la scarsità di spazi di socializzazione organizzati. Per prevenire, nei limiti del possibile, l’insorgere di problemi di microcriminalità e altre forme di violenza urbana intra- e interetnica, il Consolato collabora col Municipio Centro Ovest – un grazie all’Assessore Calvi – e col Comune; la Console si dice molto soddisfatta dei rapporti fra consolato e enti locali. Parliamo poi delle occasioni di interazione fra ecuadoriani e italiani e sampierdarenesi di altre etnie; mi si risponde che vi sono state negli ultimi anni una serie di iniziative che hanno riguardato San Pier d’Arena patrocinate o organizzate dal Consolato ed aperte a tutta la cittadinanza per favorire contaminazioni culturali ed interazioni, ad esempio la celebrazione della Festa Nazionale Ecuadoriana 2012 presso il teatro il Tempietto e, nel 2013, presso il Centro Civico Buranello, oltre alla donazione di libri in lingua spagnola sulla storia, cultura e letteratura ecuadoriana alla Biblioteca Gallino, nel 2013 – ne esistono almeno in alcune parrocchie, soprattutto il Don Bosco, al quale va un ringraziamento per la disponibilità dimostrata e il grande lavoro svolto verso la costruzione di una società plurale, e in alcune comunità religiose non cattoliche, ma alla fine ogni etnia cerca di stare fra sé perché per chiunque nel tempo libero è più facile ritrovarsi fra parenti e amici, parlare la propria lingua, mangiare il proprio cibo, raccontarsi le proprie storie, condividere il proprio modo di ragionare, di pensare, di ridere, di essere tristi… Le seconde generazioni interagiscono meglio ma il cammino verso una multietnicità completa è lungo e richiede tempo, pazienza e buona volontà. Un’ultima domanda riguarda la possibilità di stabilire qualche collaborazione giornalistica fra il Gazzettino e i sampierdarenesi ecuadoriani: il sorriso con cui la Console mi fornisce qualche nome di possibile “contatto” mi pare un buon viatico per un futuro Gazzettino trilingue, italiano, zeneise e spagnolo…