Descrizione
A colloquio con i commercianti
Mercato…. non quello che governa il mondo contemporaneo e a cui i politici si sottomettono umili e ossequiosi, fatto di sigle e acronimi BCE, Fed, Mib, PIL, Bot… parlo di quei luoghi animati, rumorosi, colorati, profumati in cui sin dalla preistoria la gente s’incontra per vendere e acquistare merce, cibo, beni materiali ma anche per socializzare e per scambiarsi pensieri, parole, opinioni, sensazioni, idee… Io son convinto che la visita di una città non sia completa se il turista oltre che i monumenti, le chiese, le piazze, i palazzi, i parchi eccetera non visiti almeno un mercato, dove può incontrare la vera vita quotidiana della popolazione di quella città.
Sono parecchi i “mercati comunali” di Genova, alcuni celeberrimi e a modo loro sontuosi, altri più piccini e noti solo agli abitanti del quartiere; siamo andati a fare un giro in quello di piazza Treponti per chiacchierare col titolare del bar La Pausa, il signor Pino che lavora qui dentro da quindici anni, e sentire “che aria tira”…. Beh, basta entrare nel grosso edificio rettangolare e vedere le numerose saracinesche chiuse per capire che non tira una buona aria, che il mercato ha qualche problema. Quale? Il signor Pino non si fa pregare a parlarne, con tono e parole che dimostrano la passione per il suo lavoro e per questo luogo: dice subito che è dispiaciuto di vederlo decadere, abbandonato da chi non riesce più a ricavare il necessario da vivere con la sua attività commerciale ma anche dalle istituzioni che trincerandosi dietro a un “non ci sono soldi” fanno molto meno di ciò che dovrebbero per mantenere efficiente la struttura come sostituire i lucernai rovinati o riparare le perdite della rete idrica senza la quale nessun commerciante può continuare il suo lavoro in modo soddisfacente. Un tempo v’era una quarantina di banchi, ora restano circa diciassette operatori; c’è poco ricambio per sostituire chi va in pensione, qualche giovane ha aperto ma ha chiuso dopo pochi mesi sopraffatto dalle difficoltà e tra gli operatori “storici” rimasti alcuni si stanno demoralizzando, perché alla fine della giornata quando aprono il cassetto si rendono conto che la fatica fatta nelle ore di lavoro non è ricompensata da un guadagno adeguato. La crisi economica ha ridotto i consumi e le spese della clientela senza peraltro ridurre la tassazione sui beni e sui servizi offerti dai commercianti, ma influiscono anche i cambiamenti nella popolazione del quartiere, coi tanti stranieri che preferiscono acquistare nei negozi “etnici” di via Buranello e dintorni piuttosto che nel mercato di quartiere. La clientela tradizionale in parte è scomparsa per raggiunti limiti d’età, un po’ si è trasferita in altre zone considerate a torto o a ragione più vivibili, i pochi che rimangono non sono sufficienti a mantenerlo vivo com’era “ai bei tempi”. E manca anche la giusta pubblicità: defilato dalle principali vie del quartiere, chi non lo conosce non si rende conto che esiste e magari chi lo conosce lo dimentica, mentre la vicinanza con la zona pedonale potrebbe aiutarlo ma occorrerebbe una segnaletica efficiente e accattivante che lo rendesse visibile. Il Comune collabora ben poco, a detta degli operatori, ma quale sia la ragione del disinteresse della pubblica amministrazione nessuno lo sa con certezza; anche se alcune voci sussurrano che se il mercato chiudesse si potrebbe realizzare un parcheggio collegato alla nuova zona pedonale di via Daste. Un parcheggio vale più di un mercato rionale? Forse si…