Non dimenticate di mettere sale sulle offerte, simbolo dell’alleanza di Dio con voi

Rivista: La Casana
Editore: Carige
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: 2013, anno LV, n°4
(pubblicato sotto pseudonimo)

Categoria: Tag: , ID:710

Descrizione

Salario, agire cum grano salis, salace, voi siete il sale della terra, avere sale in zucca, tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui…, insalata, salsiccia, salsa, il vino di Vostra Signoria m’è paruto salato…

Quante sono le espressioni del linguaggio quotidiano e della letteratura che hanno il sale come protagonista… Mica da stupirsi, ché il sale, essenzialmente nella sua forma chimica di cloruro di sodio (NaCl), è indispensabile alla vita umana e animale, cosa facile a comprendersi quantomeno considerando che tutti, Homines sapientes, mammiferi, uccelli, rettili, insetti e quant’altri esseri animali popolano la superficie terrestre abbiamo nel nostro albero genealogico antenati che si svilupparono, vissero e prosperarono nel mare, ambiente salato per eccellenza.

Parliamo d’altro: chi non conosce La città ideale, dipinto a tempera su tavola conservato nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino e databile tra il 1480 e il 1490, di autore ignoto ma certamente legato alla corte di Federico da Montefeltro? Esso rappresenta una città disegnata secondo i canoni estetici e filosofici del Rinascimento, simbolo del buon governo che assicura prosperità economica e sociale al territorio. In Italia, “civiltà di città”, ci sono città “ideali” progettate a tavolino secondo criteri filosofici e sociali o militari o economici e costruite seguendo questi principi, che generalmente si traducono in strutture urbane geometricamente regolari e ordinate. A parte i resti delle città romane con la loro maglia ortogonale, i cardi e i decumani, che a modo loro furono anch’esse “ideali”, dal Rinascimento al XX secolo sono sorte – per dirne alcune – Sabbioneta, Pienza, Terra del Sole, Palmanova, Avola, l’Eur di Roma… ma ce n’è un’altra ad avere questa origine “ideale” anche se è più nota come una capitale del turismo balneare, seconda in Romagna solo a Rimini per numero di presenze turistiche: Cervia. Forse non si pensa a Cervia come “ideale” perché il Quadrilatero di Cervia Nuova non fu realizzato dal Principe per la gloria dei Principi ma, più saggiamente, per quella che successivamente si sarebbe chiamata “la classe operaia”, simile in qualche modo all’Ivrea di Adriano Olivetti: Cervia fu fatta per i salinari, gli artigiani lavoratori delle saline che per secoli sono state la ricchezza di questa parte di Romagna.

La storia di Cervia è antica, questa città è stata ricostruita tre volte lungo i secoli. La prima fu Ficocle, greca o etrusca, il cui nome deriverebbe dal greco fùkos = alga e klèos = fama: un “luogo famoso per le alghe”. Ficocle fu poi sede vescovile e il suo vescovo Geronzio partecipò al sinodo del 502 sotto Papa Simmaco; infine fu distrutta dai Bizantini nel 709 perché si era alleata con Ravenna contro Costantinopoli. Ma la città rinacque in un luogo più sicuro, al centro della salina appena entrata nella storia documentata, nel senso che l’estrazione del sale può essere iniziata anche prima ma non ve n’è certezza. Ma non era più Ficocle: in una lettera del 997 di papa Gregorio V si legge “ad locum qui dicitur Cervia”. La nuova città era ben strutturata, circondata da un terrapieno, con tre ingressi collegati alla terraferma da ponti levatoi, un palazzo del Priore, sette chiese e una rocca difensiva voluta forse da Federico Barbarossa. La città visse sotto vari padroni fra cui gli Estensi e Venezia, infine lo Stato della Chiesa; quasi inespugnabile, ma la palude che circondava la salina rendeva l’aria malsana, così che intorno al 1630 ci si decise a cambiare aria, e non in senso metaforico, si pensò a un trasferimento in una posizione più salutare. Il 9 novembre 1697 Papa Innocenzo XII firmò il “Chirografo” con le modalità di costruzione della nuova Cervia; il documento indicava il numero delle case da costruirsi, la posizione della cattedrale, del palazzo Vescovile, delle dimore dei funzionari statali, della caserma, delle carceri… la città ebbe un mercato, l’ospedale, un teatro, il macello, per una spesa di circa 40.000 scudi. Fu scelta la duna costiera più alta, preparato il terreno, chiamati gli operai e il 24 gennaio 1698 il vescovo Francesco Riccamonti poneva la prima pietra della città, disegnata dal romano Bellardino Preti, un rettangolo con perimetro di 800 metri edificato anche coi materiali della città vecchia, smontata pezzo a pezzo. Senza mura: la cinta esterna era composta da una successione di 48 case “a schiera” tutte uguali, a due piani con giardini interni, che potevano ospitare oltre 150 famiglie di salinari. All’esterno del quadrilatero, presso il porto-canale, nel 1691 era sorto il primo dei due Magazzini del Sale massicci e ampi da poter contenere 130.000 quintali di sale e la Torre San Michele, di guardia per le incursioni dei pirati. Al di là del porto-canale si installarono le externae gentes, i cosiddetti “chioggiotti” (provenivano principalmente da Chioggia) agricoltori e artigiani, e la solita popolazione di dubbia legalità che vive ai margini di qualunque centro urbano. L’edificazione durò dieci anni e nel 1708 il tesoriere di Romagna, Matteo Conte, ne prese possesso a nome della Camera Apostolica. A metà Settecento fu costruito un quartiere esterno perché i salinari erano aumentati di numero.  …

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