Descrizione
Chissà se le associazioni di idee sono qualcosa che – platonicamente – esistono realmente o sono soltanto bizzarrie della mente che muoiono nel momento in cui uno smette di pensarle. In altre parole, mi chiedo se osservare le “bambine” di Antonella – che guardano le stelle col nasino in su affilato come il musetto di una lontra – e pensare all’omino di Folon e al Piccolo Principe è stato solo un bislacco giuoco della mia fantasia o se esiste davvero, in qualche parte del mondo metafisico dell’arte, un nesso reale tra le Weltanschauungen della professoressa genovese-monferrina, del disegnatore belga e dello scrittore aviatore francese.
Cos’è questa mostra? Chiediamolo ad Antonella, che lo spieghi a me e a tutti… Intanto il nome: Oltre il barattolo; un dato di fatto, almeno per quelle “operine” – come le definisce con affetto l’Autrice – in cui i protagonisti sono fisicamente dentro un contenitore e cercano di uscirne. E ne escono, infine.
Però anche quelle dove non c’è il barattolo, è come se ci fosse sempre prima il momento “dello schermo, della prigione” che ti impedisce di andare, di allontanarti, di essere libero, (altro possibile nome della mostra avrebbe potuto essere Trappola), poi c’è l’uscita, ma non è così facile. Prima la figurina, il protagonista, è “imbarattolato” o almeno è immobile (che in fondo è la stessa cosa) poi ce la fa ed esce, riesce a liberarsi, riesce a muoversi ed esce a prendere i fiori, a prendere le stelle … riesce a raggiungere la bellezza, la vita.
È un po’ un anelito a qualche cosa che è oltre, come nei sogni in fondo … queste operine rispecchiano tantissimo (questo è di nuovo l’Autrice a dirlo) le poesie che scriveva quando era giovane (e che forse avrebbero potuto essere presentate anch’esse nella mostra). Perché – dice Antonella, e le crediamo – sia la carta sia l’ottone esprimono la sua personalità, raccontano la sua anima. Sono racconti, queste “operine”, di piccole dimensioni ma la loro nascita richiede una buona dose di lavoro, dal taglio delle lastre di ottone, alla levigatura, alla verniciatura, alla realizzazione delle scenografie entro cui le figurine rimangono immobili o da cui escono … C’è l’anima di Antonella, dunque, ma ci sono anche le sue mani, i suoi occhi … lo spirito e la materia.
Conosco Antonella da quando eravamo entrambi ragazzi e so bene quanto sia fantasiosa e non banale. Credo che attraverso le sue operine “imbarattolate” qualcosa – magari molto – del suo genio e della sua non banalità verrà colto e apprezzato anche da chi la incontra qui a Cervo per la prima volta.