Dazeroadieci si chiama il film di Ligabue ora sugli schermi. Non mi dilungo, dico solo che tratta di un tema un po’ di moda ma a me caro, come ben sa Donatella e chi mi conosce benino, ovvero il passaggio, un po’ per amore un po’ per forza, tra gioventù ed eta’ adulta, passaggio che viene vissuto con una certa confusione in testa da parte di alcuni, molti, ultratrentenni moderni italiani o forse occidentali in genere. L’essere nel mezzo del cammin di nostra vita, come cita il protagonista del film, e trovarsi un po’ a rimpiangere il tempo passato e cio’ che non si e’riusciti a fare pur avendolo voluto e sperato, e un po’ a desiderare una seconda metà della vita diversa e piu’ matura. Pare che questa sindrome colpisca gli uomini e non le donne, a occhio credo sia vero.
Tema trattato con leggerezza e malinconia nel primo mitico film che vidi, dieci anni fa circa, sull’argomento, l’americano Fandango con un giovane Kevin Kostner, trattato con acidità sentimentale nell’Ultimo bacio dello scorso anno, e con ironia e amarezza tragica dal Ligabue. Un bel film, non da nomination certo ma godibile. Una Rimini-Babilonia che fa da sfondo a otto personaggi simpatici, con un conto (da “giovani”) in sospeso da estinguere in allegria e una tragedia (da “adulti”) da dimenticare. Da catartizzare.

P.S.: il Fandango, padre di tutti i film sulla Linea d’ombra da superare una buona volta nella vita, forse è considerato tale non solo, modestamente, da me, ma da Ligabue stesso. O e’ un caso che la casa produttrice di questo suo film si chiami proprio Fandango?

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