Nel 4 a.C nella città spagnolo di Gades (Cadice) nacque Lucio Giunio Moderato Columella, figura fondamentale nella storia delle scienze agrarie; il suo “De re rustica” è considerato un capolavoro della letteratura scientifica latina e ha conosciuto numerose edizioni nel corso dei secoli.
In uno scaffale nella casa di Genova ho un ponderoso volume “Columella – L’arte dell’agricoltura”, Einaudi, 1977, con testo latino a fronte; lo acquistò mio padre, accanito lettore e cercatore di libri, uno di quelli per i quali il fascino dei libri sta tanto nel leggerli quanto nel possederli: un libro vale per le parole che vi sono scritte dentro ma è anche un oggetto fisico da tenere in mano e da custodire nella propria libreria. E per certi libri, possederli, custodirli è gratificante quanto leggerli.
Io ragiono come lui: il contatto fisico e il possesso dei libri sono essenziali. Per cui non leggo e-book, non voglio ricevere in prestito libri altrui e non acquisto libri su Amazon: prima di acquistare un libro ho bisogno di guardarlo, toccarlo, sfogliarlo, magari anche sentir l’odore della sua carta.
Ho ripensato a Columella ai primi di marzo, quando feci l’ultima uscita prima della prigionia nazionale (dorata, la mia prigionia, qui a Sanremo col giardino ultraverde e arcifiorito, ma sempre prigionia è) e andai a Novara, a visitare prima la mostra sul Divisionismo e poi l’Azienda Vitivinicola Barbaglia nel paese di Cavallirio, nelle colline della DOC Terre del Boca. Insieme ad alcuni amici del Club per l’UNESCO di Sanremo avevo conosciuto questa azienda, nella figura della sua titolare Silvia Barbaglia, lo scorso ottobre a Foligno in occasione di un incontro nazionale dei Club Unesco; senza ipocrisie dico che il primo ovvio motivo per cui trovai interessante quell’azienda vinicola fu che Silvia è giovane e carina, ma altrettanto senza ipocrisie mi piacque e continua a piacermi il suo vino e poi mi ha sempre affascinato ascoltare gli “esperti” quando descrivono le sensazioni organolettiche che i vini donano loro e pazienza se io in un sorso di Croatina o di Uva Rara non ci percepisco i frutti di bosco o gli agrumi e mi sembrano semplicemente “vini buoni”…. Non è del tutto vero, in realtà ho i miei gusti e le mie preferenze, ma il fatto, ad esempio, ch’io preferisca la Croatina ai Nebbioli non so spiegarlo con nessuna terminologia tecnica. Amen, anzi Prosit!
Ma che c’entra Columella con l’Azienda Barbaglia? In realtà Lucio Giunio Moderato c’entra con tutti i piccoli agricoltori, viticoltori, contadini, allevatori, apicoltori, pescatori, uomini e donne, giovani e anziani che in più di vent’anni di attività di “scrittore” e “giornalista” ho avuto la ventura e il piacere di conoscere in giro per l’Italia, ammirando il loro lavoro, le loro scelte, la loro visione del mondo, le loro fatiche, le loro speranze, i loro timori, le loro soddisfazioni, e Silvia Barbaglia è l’esempio più recente di questa categoria di persone. Tra le mie poche convinzioni granitiche c’è – l’ho già detto altre volte – che coloro che lavorano nel cosiddetto settore primario dell’economia sono le colonne portanti dell’umanità. Essendo i produttori di cibo. Perché si può vivere senza qualsiasi altra categoria professionale, dai politici ai militari al clero ai burocrati ai medici agli insegnanti agli sportivi ai giornalisti agli artisti, a tutti: senza costoro forse si vivrebbe peggio ma si sopravvive. Senza cibo si muore. L’unica classe sociale che è sempre stata indispensabile è quella dei “contadini”. Anche se, ignomignosamente, è quasi sempre stata considerata ai più bassi livelli della società e della storia.
A Foligno e a Cavallirio ho conosciuto un’azienda agricola e un’imprenditrice di cui non avevo mai sospettato l’esistenza e ciò mi ha fatto piacere. Il valore di un’azienda agricola a conduzione familiare sta in ciò che c’è dentro alle persone, oltre alla qualità di ciò che producono, e a me piace il vino buono ma altrettanto mi piacciono le belle persone; qui credo di aver incontrato vino buono e una bella persona e ne sono lieto.
Tornando a Genova, nella sera di quel giorno di marzo, pensavo a Columella: pensavo a quell’imprenditore agricolo intellettuale di duemila anni fa che diede dignità letteraria alla professione più importante del mondo, mi chiedevo quanto della sua scienza si sia tramandata verso i tempi nostri e ringraziavo mio padre, buonanima, che tanti anni fa acquistò il suo libro; non so se l’abbia letto tutto, io non l’ho fatto, ma il piacere di possedere un libro importante e sfogliarlo ogni tanto non ha prezzo…