Je yrays voir mes bon amis de Compiegne. Sta scritto in francese antico sulla statuona di Giovanna d’Arco nel mezzo della piazza dell’Hotel de Ville di Compiègne, nella Piccardia, appena a nord dell’Ile de France e dell’aeroporto di Parigi CDG. Niente male l’Hotel de Ville di Compiègne, nel suo stile tutto hotel de ville di città della Francia del nord, un fratello minore ma nemmeno poi troppo di quello di Parigi. E anche la Tour Saint Jacques, assomiglia molterrimo a quella di Parigi, anche qui come lì vicina all’HdV, pur senza darsi addosso l’uno con l’altra. Stesso Giacomo di Compostela, quello verso cui si pellegrinava partendo da queste torri.
Io, che pur mi picco di gran conoscitore delle cose geografiche, ignoravo l’esistenza di questa città francese, che invece è onusta di storia, c’è un chiostro accanto a cui c’era una chiesa in cui furono sepolti alcuni re. Prima di Saint Denis. Va ben che erano re ignoti ai più, con nomi da Alto Medioevo, ma sempre rois de France furono, e il signore compiegnese che vedendoci sette-otto stranieri (italiani e tedeschi) a leggere la lapide commemorativa è intervenuto decantandoci le benemerenze storiche della sua città, al di là dell’orgoglio civico ci ha fatto scoprire cose antiche che ignoravamo. Altri, non io, sapevano che a Compiègne fu firmato qualche trattato postbellico fra XIX e XX secolo, e va ben, poi c’è la storia di Jeanne d’Arc, che è andata a trovare i suoi buoni amici di Compiègne, come dice il monumento, ma poi venne arrestata (dagli inglesi, immagino) e poi, si sa, mandata al rogo. A Rouen, se non ricordo male. Anche là c’e’ Giovanna d’Arco che troneggia in piazza, se ricordo bene quel lontano novembre 199poco. Che poi si andò sulle spiagge del D-Day, Omaha, Utah eccetera, con l’arcobaleno più bello e più colorato della mia vita.
A Compiègne c’era la gente del CNR e i colleghi foresti, molti dei quali arrivavano da Berlino ma erano ucraini o russi di Ucraina. L’allargamento a Est dell’Europa, i siensiati lo fanno prima dei politici. Sasha Makievski c’aveva la moglie e la figlia, una ragazzina giovane giovane dagli occhi belli e grandi che si divertiva a sentirmi parlare tedesco (male, ma abbastanza da farmi capire da lei che, russofona, si era tedeschizzata a forza andando ad abitare a Berlin, e ovviamente parlava come una tedesca,ormai)
Uffa, ci sarebbero altre chiacchiere fattibili su Compiègne, e sull’avventuroso viaggio di ritorno, fatto su un aereo sbagliato e su tutti i mezzi di trasporto terrestri meno il mulo e il monopattino, ma sono stanco, e il tempo per le ciarle oziose è pochissimo in questo periodo. Tant’è vero che ‘sto viaggio in Francia risale al 24-27 maggio, un mese e mezzo fa, e finora era rimasto solo un titolo senza testo. Ancun d’asè che sono riuscito a scrivere ‘ste poche cose.
Va be’, vale la pena andare a Compiègne? Beh, per me si, come vale la pena andare dappertutto in Francia, in quella grande nazione che è un’unica immensa provincia con un’unica immensa città. Come diceva ieri il giornale parlando del Tour in corso. Il fascino della Francia, della Douce France, quella delle Tres Belles Heures du Duc de Berry, splendidamente medievalmente miniate, sta proprio, secondo me, nella sua dimensione di provincia aperta, sconfinata, luminosa, ricca di storia e di arte. E di mucche che ruminano sui prati, e di statue di re e di santi nelle piazze delle città, e di monsieurs che ti fermano per conversare dei loro re con una partecipazione emotiva che neanche fossero morti tre giorni fa, ‘sti re, e invece era gente dell’VIII secolo. Ma è la France.