L’Italia dei piccoli centri di provincia può apparire sorprendente, specie osservandola con l’occhio del cittadino, forse un po’ troppo abituato (anche se è un cittadino di Genova, che certo non è una metropoli internazionale) a dare importanza solo ai grandi numeri.
Ci sono paesi che se sparissero improvvisamente dalla faccia della terra il mondo nemmeno se ne accorgerebbe. Sparire intendo senza cataclismi, così, pif! nel nulla repentino.
Al di fuori dell’alta val Tanaro, chi si accorgerebbe che non c’è più Priola, ad esempio? Senza Montegrosso Pian Latte, la provincia di Imperia sarebbe diversa? Quanti genovesi si sveglierebbero col mal di testa se nottetempo fosse scomparsa Vobbia?
E in ognuna delle 103, quasi 106 province italiane ce ne sono per così di posti del genere, un po’ insignificanti, che conducono nella loro esistenza di centro abitato quella “vita da mediano” cantata da Ligabue, o forse addirittura stan sempre in panchina, sono i Monsù Travet del consesso urbano.
Cosséria, provincia di Savona, val Bormida, sembra uno di quei posti lì.
Ci passo sopra da 45 anni transitando sull’A6 Savona-Torino andando e tornando da Genova a Ormea. Rimane fra i caselli di Altare e di Millesimo. Qualche sghimbescio viadotto autostradale, un autogrill “case Lidora”, e Cosseria è lì sotto, e io ho scoperto dell’esistenza di siffatto comune forse solo dieci anni fa, pur vedendone le case passare accanto a me da 45 anni minimo minimo due volte all’anno.
Dopo averla scoperta, lì per lì me n’è fregato niente.
Salvo un giorno in cui, preparando non ricordo quale librino libretto sulla Liguria, decisi di calpestarne le vie e salii ai boscherecci e sommamente bucolici ruderi del castello, vecchie pietre sommerse dalla vegetazione che quasi i templi buddisti nella giungla cambogiana, solo che in Cambogia non si vedono all’orizzonte il Monviso e Mondovì alto sul suo colle; e ho fotografato i cartelli turistici che segnalano la battaglia napoleonica del 1796, quando il Bonaparte era un giovane generale di bellissime speranze e si stava apprestando a conquistare l’Europa. Cominciando da Cosseria e da altre località altrettanto minuscole, pensa te! Balestrino, Montenotte, Dego…
Ma ci pensava, cavalcando sui prati di Cosseria, che di lì a non tanti anni sarebbe arrivato a Mosca? Chissà se Berlusconi mentre finanziava Milano 3 pensava che qualche anno dopo avrebbe conversato con Bush e Kofi Annan a New York… Adesso starà aspettando la sua Berezina?
Divago, e si prega di non lasciarsi andare a troppi commenti politicheggianti, da qualunque parte provengano.
C’è una foto antica del castello di Cosseria sul mio libro di De Ferrari, Liguria com’era, con una incomprensibile poesia di Carducci sull’argomento. Il mio secondo incontro con ‘sto paese, ma solo in paleoeffige…
Ma la vera scoperta di Cosseria risale a un mesetto fa, quando andai a parlare in Comune per cose inerenti il mio attuale lavoro per l’APT del Savonese; mi diedero udienza due gioviali e pimpanti impiegate comunali che mi spiegarono come e qualmente questo paese apparentemente inutile organizza un concorso letterario annuale per scrittori italiani residenti all’estero, patrocinato dal ministero per gli italiani nel mondo, che vede numerose iscrizioni dai 5 continenti, l’anno scorso ha vinto un italo-brasiliano, e che, non paghi di ciò, i cosseriesi tengon su un coro Monteverde che fa concerti in giro in grandi città, curato e diretto da un compaesano che ha cantato con Muti, Maazel e compagnia bella.
Cioè uno entra lì convinto di aver quasi niente da dirsi e si trova invece a pensare “ma guarda ‘sto paese che sembra così sfigato e invece quante cose internazionali che riesce a mettere insieme. Proprio vero che non bisogna fidarsi delle apparenze”.
La più vivace delle due tizie ha colto il mio pensiero taciuto e mi ha risposto “sa, quando in un paese non c’è nulla, bisogna darsi da fare per inventar qualcosa!” “E voi ci riuscite proprio bene. Complimenti! ci fosse dappertutto questo spirito di iniziativa!”. Sorrisi compiaciuti delle donzelle, ma ne avevano donde.
Tornerò a Cosseria, almeno a pranzare al ristorante del Castello.