A Roma, nella notte di Natale dell’anno 800 papa Leone III incoronò il re dei Franchi, Carlo Magno, come “Augustus Imperator Romanorum gubernans Imperium”. Apparentemente un tentativo di riportare in vita l’Impero Romano d’Occidente, defunto più di tre secoli prima, nel 476.
In realtà i confini del suo territorio e la sua struttura amministrativa federale rendevano l’Impero carolingio molto diverso da un Impero Romano bis: al centro geografico non c’era più il Mare Nostrum ma il fiume Reno e le Alpi. Come l’attuale Unione Europea.
Non so se Carlo e Leone in quella cerimonia natalizia avessero in mente veramente l’impero di Roma oppure sospettassero il concetto di Europa che soggiaceva in fieri al loro gesto politico. Però a me piace associarli, con undici secoli e mezzo di anticipo, agli statisti del Dopoguerra (di solito si citano il tedesco Konrad Adenauer, il francese Robert Schumann, l’italiano Alcide De Gasperi) che lavorarono per iniziare il processo di integrazione europea.
Purtroppo il progetto politico di Carlo non ebbe lunga durata, il suo sogno di dar vita a un’entità statale che unisse Franchi, Germanici e Latini non si realizzò perché già soltanto una quarantina d’anni dopo la sua incoronazione i suoi tre nipoti (Lotario, Carlo, Ludovico) si combattevano per spartirsi pezzi di potere e parti di territorio del giovane impero europeo.
Il 14 febbraio 842 i due fratelli Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si incontrarono a Strasburgo per giurarsi fedeltà reciproca e per promettere che nessuno dei due avrebbe stretto patti di alleanza con Lotario (imperatore e fratello maggiore di entrambi). Carlo, di lingua proto-francese, giurò in alto-tedesco antico affinché le truppe germaniche di Ludovico potessero comprendere le sue parole, e Ludovico, di lingua germanica, giurò in proto-francese così che i soldati franchi di Carlo capissero cosa stava dicendo.
I giuramenti di Strasburgo sono importanti dal punto di vista linguistico perché sono testimonianze scritte delle due lingue “volgari” francese e tedesca, 150 anni più antichi della prima testimonianza scritta del volgare italiano, il “Placito capuano” del 960 (Sao ko kelle terre, per kelle fini……).
Ma dal punto di vista storico direi che sono importanti perché certificano a tutto tondo che al diavolo l’Europa unita… Era rapidamente arrivato il tempo dell’Europa delle nazioni, quelle che trascorreranno i successivi millecento anni a farsi periodicamente guerre l’una con l’altra, sino al 1945, e anche un po’ oltre.
Magari è solo una mia elucubrazione insulsa ma trovo analogie tra quei fatti politici della prima metà del IX secolo e quelli degli ultimi settant’anni anni a cavallo tra XX e XXI.
Alcuni statisti intelligenti e lungimiranti operano per unire e affratellare genti diverse per lingua, cultura e tradizioni che si sono combattute per secoli. Ma un paio di generazioni dopo quel progetto inizia ad andare in frantumi per la “cortomiranza” dei nipoti (biologici di Carlo Magno nel IX secolo, politici di Adenauer, Schumann, De Gasperi nel XXI). Strasburgo è ancora al centro dell’Europa come dodici secoli fa, e nonostante le recenti elezioni parlamentari abbiano un po’ tarpato le velleità disgregative dei sovranisti dei diversi stati, la città è sede del Parlamento Europeo, quindi ottima location per un nuovo giuramento di “Patrioti” contrari all’unione politica europea. Però in questo mondo di grandi potenze ostili o quantomeno indifferenti verso l’Europa, tutto ciò che ci può dividere, isolarci, chiuderci mi pare proprio una idiozia suicida.