Come ho già avuto modo di dire diverse volte, quando sarà il momento a me piacerebbe essere seppellito sotto un albero in un bosco, proprio come dice Guccini nella canzone L’albero ed io, e attraverso l’albero continuare a vivere “sotto quel cielo che dicon di Dio”. Però so che non si può fare, la legge nol consente, me ne farò una ragione. Peraltro posso dire che il più bel luogo ufficiale di sepoltura che conosco è il cimitero vecchio di Mentone: ha il nome ufficiale di Cimetière du Vieux Château, è alto sopra la città vecchia, panoramico, luminoso, è un vero cimitero di Liguria “aperto ai venti e all’onde” come diceva Vincenzo Cardarelli. Trip Advisor lo considera il n°1 delle 41 cose da vedere/fare in città… Ospita, come fa peraltro il suo collega rivierasco di Sanremo, diversi stranieri benestanti che dopo essersi goduto il clima mediterraneo di Menton in vita hanno deciso di continuare a goderselo anche dopo. Su una targa all’ingresso c’è un estratto della poesia “Le cimetière marin” di Paul Valery e lungo i vialetti si leggono versi in dialetto mentonasco del poeta locale Marcello Firpo. Il mentonasco è il penultimo dialetto ligure di Ponente [l’ultimo essendo il monegasco, che è lingua semiufficiale nel Principato ed è piuttosto simile al genovese: Rue de l’Eglise / Carrùgiu d’a Geija, ad esempio, era la strada accanto alla cattedrale di Monaco, che adesso si chiama Allée Saint Jean-Paul II / Carrùgiu San Giuan-Paulu Secundu].
Una di queste poesie di Firpo che si leggono nel cimitero di Mentone dice “e ra moart es ailâ che te stende rü brasse, cuma mair’a r’enfant”.
Difficile da tradurre? Non mi pare, dai.
(Scritto il 23 maggio 2017)