Ogni tanto trascorro brevi lassi di tempo con persone sconosciute o quasi, connesse a me solo perché condividiamo (una tantum o saltuariamente) lo stesso luogo, la medesima attività, gli stessi interessi. Alcune ore, o alcuni minuti, o pochi giorni, poi ci si saluta e ci si ritrova dopo un anno, o magari non ci si vede mai più nella vita.

Mi piacciono queste situazioni.

Partendo dal presupposto che per il mio benessere mi è necessario trascorrere una notevole percentuale del mio tempo da solo, è peraltro vero che nel tempo che dedico alle relazioni sociali trovo bello frequentare, quando ne ho l’occasione, persone diverse tra loro e ancor meglio se le conosco poco; scambiando e condividendo i miei pensieri, le mie parole, i miei sentimenti con persone estranee e sconosciute e ascoltando e acquisendo i loro pensieri e parole e sentimenti, la qualità della mia vita si arricchisce, e prima o poi è anche possibile che il mio arricchimento raggiunto attraverso la conoscenza e il contatto con persone poco note si trasmetta alle mie conoscenze consolidate e indirettamente vengano arricchiti a cascata anche loro.

Non so se è chiaro… C’è un racconto di Borges, “L’accostamento ad Almotasim” (cfr. https://www.giannidallaglio.it/l-accostamento-ad-almotasim/) che parla, in termini molto “borgesiani”, surreali e intellettuali, di questo concetto della trasmissione di sentimenti, conoscenza e informazione lungo reti di persone che quasi non si conoscono tra loro.

Perché la realtà vera non è quella materiale fenomenica: la realtà vera è l’informazione e il passaggio di informazione crea la realtà. Lo dicono i fisici quantistici e i mistici buddisti, e io ci credo.

Con scarsa modestia mi cito (cfr.”https://www.giannidallaglio.it/connessioni-e-relazioni/): Helgoland, di Carlo Rovelli, Adelphi 2020, descrive il senso fisico e filosofico dell’approccio quantistico alla Realtà, che attribuisce importanza non agli oggetti materiali ma alle relazioni tra di essi; relazioni che sono, dice Rovelli, le uniche “cose vere” dell’universo; tutti gli oggetti esistenti (dagli elettroni agli esseri umani eccetera) interagiscono con altri oggetti e gli oggetti esistono in quanto si pongono in relazione gli uni con gli altri; un oggetto materiale “da solo” è un concetto senza senso.
Nel libro si nomina Nagarjuna, un monaco buddista indiano vissuto tra II e III secolo d.C, tra i fondatori del Buddismo Mahayana: egli afferma che tutte le cose sono prive di esistenza intrinseca, esistono solo perché sono in relazione con altre cose. Proprio quello che sostiene Rovelli, cioè che gli oggetti sembrano esistere solo quando influenzano altri oggetti. Condizione necessaria all’esistenza è l’interazione.

(Anche) a queste cose pensavo in quella giornata di metà agosto con la comunità brigasca alla chiesetta di Sant’Erim sotto il monte Marguareis e poi di nuovo sabato scorso durante l’incontro nazionale DRC (sarebbe Delegati Regionali Comunicazione) del FAI in Casa Livio a Milano.

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