“Io sono un piccolissimo pennello di cui Gesù si degna servirsi per i minimi dettagli quando vuole fare un grande lavoro nell’anima delle sue figlie”
“…invece di sentire il dispiacere di essere privata della lampada, fui felicissima, sentendo che la povertà consiste nel vedersi privata non solo delle cose gradite ma anche delle cose indispensabili, e così nelle tenebre esteriori fui illuminata interiormente”
Parole di Santa Teresa di Lisieux: Marie-Françoise Thérése Martin nacque in Normandia nel 1873 e morì a 24 anni nel convento carmelitano di Lisieux nel 1897, dove vi era entrata all’età di 15 anni; raccontò la sua vita, i suoi pensieri, la sua fede in una serie di scritti che furono raccolti col titolo “Storia di un’anima” e furono diffusi dopo la sua morte suscitando rapidamente ammirazione presso i fedeli e le gerarchie ecclesiastiche e procurandole fama di santità. Fu proclamata santa nel 1925 e Dottore della Chiesa (terza donna dopo Caterina da Siena e Teresa d’Avila) nel 1997.
Mi è venuto da confrontarle con il discorso tenuto dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, in occasione della nomina a cardinale del vescovo di Como. Ne hanno parlato tutti gli organi di stampa, commentando chi con toni critici verso l’arcivescovo chi plaudendolo.
Storicamente gli arcivescovi di alcune città italiane come Milano, Torino, Venezia, Genova, Bologna, Palermo sono sempre stati nominati cardinali ma papa Francesco agisce diversamente; lui preferisce cercare la classe dirigente della Chiesa Cattolica nelle periferie, che siano quelle del mondo, nominando cardinali i vescovi di Timor Est, Manaus, Ulan Bator o che siano quelle italiane, come Como è rispetto a Milano e Agrigento rispetto a Palermo.
Pare che all’arcivescovo di Milano questo modo di ragionare del Papa non piaccia; il suo discorso – indubbiamente divertente e ironico – sulla sua mancata nomina alla berretta rossa (tra cui la famosa battuta “nemmeno Dio conosce cosa pensano i gesuiti”) ha fatto pensare molti che sotto l’ironia e lo sfottò verso il collega comasco ci fosse una forte irritazione dettata da frustrate ambizioni di potere e di prestigio: monsignor Delpini desiderava fortemente cambiare la sua berretta “paonazza” da vescovo con quella rossa da cardinale (ed elettore eleggibile del futuro Papa) e ci è rimasto molto male quando Francesco lo ha escluso.
Poi magari invece è solo un burlone senza ambizioni di potere che è stato frainteso, come ha detto una decina di giorni dopo il fattaccio. Ma mi viene spontaneo notare le differenze tra il suo discorso e – per esempio – l’episodio di Gesù che lava i piedi agli Apostoli o le parole di Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa.
Fossi un cattolico milanese forse mi vergognerei del mio arcivescovo. Immagino che il mio arcivescovo genovese, il frate Marco Tasca dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, non si irriterebbe né ironizzerebbe se il Papa nominasse cardinale il vescovo di Chiavari o di Savona.
Comunque l’arcivescovo di Milano si è acquistato le simpatie dei tanti cattolici tradizionalisti che detestano Francesco e lo considerano un antipapa eletto da un conclave non valido, riconoscendo come unico Papa vivente Benedetto XVI. Chissà Ratzinger cosa pensa di quei suoi followers che lo vorrebbero reinsediato sulla cattedra di Pietro a dispetto delle sue dimissioni.
A me piace avere Francesco come papa. Probabilmente non sono un cattolico tradizionalista. Forse sono un miscredente di sinistra con tendenze massoniche, chissà… Amen.