Di quanto sia folto, verde, fiorito e giunglesco il giardino di Sanremo ne ho già scritto abbondantemente. In questa profusione di rami, foglie e fiori che tutto avvolge, pochi mesi fa scrissi (https://www.giannidallaglio.it/jardin-et-printemps/) che ci sono “pochissimi casi tristi”. Piante che si sono pervicacemente rifiutate di partecipare al tripudio floristico delle loro colleghe, che anziché rinverdirsi e prosperare si sono chiuse in loro stesse, fossero persone umane si direbbe che sono state attanagliate della depressione (bruttissima malattia, per quel poco che ne ho visto in una persona a cui ero affezionato). Peraltro non mi stupirei se qualche neurobiologo vegetale mi dicesse che anche le piante cadono in depressione. Ci crederei perché la pianta che più ho visto deperire, “deprimersi” in questi due anni e mezzo dalla morte di Donatella è stata una pianta a cui lei – per ragioni umane molto più che botaniche – era enormemente affezionata. Era la gardenia della mamma.

Una non grande ma sana e graziosa pianta di gardenia che viveva da molti anni nella “prima aiuola”, quella più vicina alla casa, sotto il pruno rosso. Non ricordo bene la storia originale di questa pianta dai fiori bianchi (parentesi: vi è mai capitato di ascoltare da una persona una qualche storia che da un lato capivate che era importante per chi ve la raccontava e dall’altro lato la ascoltavate distrattamente perché non sembrava particolarmente significativa per voi? Ecco, il mio modesto suggerimento oggi è di ascoltare queste storie con attenzione; potrebbe venire il momento in cui vorreste sentirvela raccontare ancora nei dettagli ma il narratore non ci sarà più e dovrete rimanere con le vostre lacune, le vostre incertezze. Non deve essere necessariamente una moglie morta prematuramente, può essere un nonno, un amico anziano, un amico giovane, un collega, il tabaccaio dell’angolo…). Comunque, dicevo che non ricordo bene la storia originale ma so per certo che per Donatella era “la gardenia della mamma”. Era, per lei, il canale di comunicazione con sua mamma, morta di cancro (che fantasia, eh!) nel 1998 a 75 anni. Forse l’aveva piantata sua mamma, forse le era stata regalata, non so. Non lo so. Me l’ha detto sicuramente ma non me lo ricordo. Forse Teresa ne sa qualcosa, l’Amica più Amica di Dona, quella che Donatella amava più di ogni altra persona al mondo (me compreso) e faceva benissimo. Le chiederò cosa sa della gardenia.

Dona amava pensare che quando la gardenia fioriva significava che sua mamma da “lassù” voleva far sapere che era contenta per qualche ragione, per qualche evento che era accaduto o stava per accadere a sua figlia. La gardenia aiutava questa convinzione-suggestione, nel senso che non fioriva spesso, non era come i plumbaghi che sono stracarichi di fiori da giugno a ottobre e in questo eccesso floreale sarebbe difficile percepire il messaggio “ultraterreno” dentro il rumore di fondo della fioritura continua. No, la gardenia era molto misurata, parca. Quindi ci poteva stare che quel paio di volte all’anno, magari anche meno di due, quando apriva due o tre fiori ci fosse qualcosa di importante da comunicare dall’Aldilà all’Aldiquà.

Comunque era bello crederci.

Da quando Donatella ha abbandonato il suo giardino la gardenia non ha più fiorito. Non solo, ma poco a poco è seccata per più di metà dei suoi rami. Lentamente, senza eccessi, un ramo secco poi qualche mese di immobilità, poi un altro ramo secco… Mentre tutto intorno a lei viveva e cresceva, lei si raggrinziva; sempre meno rami, sempre meno foglie e le foglie sempre più stinte, quasi gialle. Sulle prime ammetto di non averci fatto troppo caso, poi ho iniziato a curarla, a parlarle, concimarla, darle terriccio acido, ferro, ma il processo di lento deperimento proseguiva e non sapevo come fermarlo. Come se questa pianta avesse perso la voglia di vivere. Che è più o meno ciò che succede a chi soffre di depressione.

Dando un’interpretazione “ultraterrena”, era come se la mamma di Donatella avesse faticato ad accettare la morte della figlia e avesse deciso di chiudere i contatti con il mondo, col giardino, con la casa, con me, nuovo proprietario che in fondo, da viva, aveva visto solo per una mezz’oretta in un lontanissimo giorno d’estate del 1996 (e poi al suo funerale nel 1998, ma lì certo non mi aveva visto in senso fisico, con gli occhi). “Se non c’è più mia figlia Donatella che ragione ho per continuare a tenere un legame con Villa Mergellina e il suo giardino e Sanremo?” Forse questo ha pensato la mamma di Dona, in questi ultimi due anni. E la gardenia si è adattata alla volontà della sua “signora”.
Ma in primavera i due rami, bassi e miseri, rimasti alla gardenia hanno smesso di seccare. Da alcuni mesi non è cambiato più nulla, né foglie cadute, né rami seccati. Neanche foglie o rametti nuovi peraltro, ma iniziavo a essere contento che almeno potesse conservarsi il poco che era rimasto. Contento ma non troppo fiducioso, al punto che ho acquistato e piantato a breve distanza una gardenia nuova, piccola e giovane ma allegra e sana, piena di foglie verdi con un bel colore intenso. Non certo per sostituire “la gardenia della mamma” ma perché almeno rimanesse, qualora la vecchia pianta fosse morta, almeno il suo ricordo attraverso la gardenia nuova.

Sarà la giovane arrivata che ha fatto una capa tanta alla vecchia pianta depressa per convincerla a non lasciarsi andare? Sarà la mamma “da lassù” che poi ci ha ripensato e ha deciso che forse io non sono poi così male come custode e tutore della sua casa e del suo giardino? Sarà un bizzarro giuoco del caso? Boh.

Fatto sta che un po’ di giorni fa (il 23 giugno) la Gardenia della Mamma ha aperto un fiore.
Un unico piccolo striminzito fiore bianco, che ho subito fotografato. Piccolo e striminzito come lo sono le sue foglie e i suoi pochi rami superstiti. Ma è un fiore.

Ammetto senza vergogna che quando l’ho visto mi si è allargato il cuore. Troppo piccolo in una pianta troppo esile per poter dire che finalmente la gardenia sta “guarendo”, ma che bello vedere, dopo più di due anni e mezzo, un fiore su quella pianta.

Dopo una decina di giorni, il fiore mingherlino è sfiorito ed è caduto ma ciò è normale. Però c’è stato.

Potrebbe anche essere il canto del cigno finale, potrebbe… Potrebbe semplicemente essere che questa primavera-estate è talmente piena, zeppa, rutilante di fiori che c’è riuscita anche lei, povera malata, ma per fattori semplicemente naturali, senza sottintesi metafisici e sovrannaturali.

Adesso si tratta solo di aspettare e vedere cosa succederà. Se arriveranno altri fiori, se sarà unico e ultimo, se…. Vedremo. Per ora son contento così, spero di non sbagliarmi.

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