“Ricchi e poveri siamo tutti legati da uno stesso destino. La miseria degli altri potrebbe un giorno non lontano battere rabbiosa alla nostra porta. Esiste un legame di reciproca interdipendenza fra crescita del mondo industrializzato e sviluppo di quello emergente. Dobbiamo restituire ai popoli il senso dell’unità del pianeta”.

“Sono iniziate correnti migratorie che in assenza di un accelerato processo di sviluppo che abbracci tutta la riva sud del Mediterraneo sono destinate a gonfiarsi in un modo impressionante. E saranno delle tendenze inarrestabili e incontrollabili. Paesi con popolazioni giovanissime, i quali naturalmente vanno verso le luci della città, se noi non accenderemo un maggior numero di luci in quei Paesi”.

Il primo discorso è di Sandro Pertini, pronunciato nella sede della FAO a Roma il 16 ottobre 1981 (42 anni fa) nella prima Giornata mondiale dell’alimentazione; allora nel mondo c’erano quattro miliardi e mezzo di esseri umani, poco più della metà di quanti siamo adesso.

Il secondo è di Bettino Craxi, a Venezia al forum “L’Europa e il Maghreb” il 14 febbraio 1992 (31 anni fa); sulla Terra eravamo cinque miliardi e mezzo. Adesso siamo otto miliardi. Oggi un pianeta con cinque miliardi e mezzo ci farebbe l’impressione di un mezzo deserto. E se non avverranno i cataclismi vaticinati da apocalittici di varie ideologie e religioni, il XXI secolo dovrebbe vederci crescere a dieci miliardi. Poi forse ci fermeremo.

Dieci miliardi di esseri umani in stragrande maggioranza affamati, oppressi, disperati che – come è sempre successo da quando le specie animali del genere Homo hanno vissuto su questo piccolo pianeta – cercheranno condizioni di vita migliori anche spostandosi e lottando.

È la vita, baby, e a porre fine a questa “transumanza” dell’umanità (sic dixit ieri un celebre gaffeur italiano) non saranno i muri tra San Diego e Tijuana né i tirannelli a pagamento delle nazioni arabe del Nordafrica, né le bionde governanti italiane ed europee.

Alle precedenti “transumanze” mondiali dei popoli provarono a opporsi Roma caput mundi a ovest e la Cina con le sue Grandi Muraglie a est ma con ben scarso successo; Bruxelles e Washington non fermeranno quelle attuali. Quello che gli Stati dovrebbero impegnarsi a fare è gestire il fenomeno con una certa coordinazione internazionale questo si. Ma sarebbe già tanto.

(Pubblicato, con qualche variazione, come articolo di fondo del numero del 30 settembre 2023 del Gazzettino Sampierdarenese)

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