E anche quest’anno il Fondo Ambiente Italiano (il FAI, insomma) ha organizzato la Giornata di Primavera (26 marzo), durante la quale si aprono al pubblico un bel po’ di luoghi, edifici, proprietà di interesse artistico e storico che generalmente sono chiusi o privati, comunque non visitabili; è sempre una bella idea che (almeno in provincia di Imperia, che è dove frequento io il FAI) riscuote parecchio successo di pubblico.

Quest’anno ci si dedicava alle ville, in particolare alle ville della piana di Latte, fra Ventimiglia e il confine francese. Essa è una pianuretta alluvionale semicircolare chiusa a monte dall’Aurelia e a mare dal mare (appunto), quasi invisibile e quasi inimmaginabile per chi passa sull’Aurelia diretto ai Balzi Rossi o in Francia. Invisibile ma c’è; vi passa la “via romana”, ovvero quella strada (forse la via Julia Augusta – di cui restan tracce evidenti nei giardini della vicina villa Hanbury, oltre che intorno ad Albenga, ad Alassio, a Finale..) che ora è una lunga “creusa” chiusa da alti muri in pietra fra le campagne ma sul cui selciato transitarono, oltre che i romani diretti in Provenza e in Gallia, anche in senso inverso i soldati del giovane generale Napoleone Bonaparte avviato alla conquista dell’Italia (prima) e dell’Europa (subito dopo).

Insomma, a Latte c’è la via romana e intorno ad essa ci sono alcune ville affacciate sul mare che anno dopo anno si mangia la spiaggia; ville appartenenti a nobili famiglie discendenti da antenati a volte anche illustri che intorno al Sei-Settecento trasformarono alcune torri di guardia costiera cinquecentesche – guardia contro i pirati barbareschi, ovviamente – in edifici lussuosi dove abitare e/o villeggiare elegantemente. Famiglie per lo più di Ventimiglia, che si fecero qua i loro buen retiri extraurbani similmente a quello che in quei secoli facevano un po’ tutte le famiglie nobili e ricche in italia, da Genova (ovvio modello culturale per i ventimigliesi) a Lucca al Veneto a altrove…
Ville oggi forse un poco insciattite (mantenerle è oneroso e se la nobiltà di famiglia non costa nulla spesso oggidì non rende di più) ma che allora avevano eleganti giardini e immensi limoneti intorno, quando si diceva (lo scrisse Montesquieu, se non ricordo male) che navigando si capiva di essere arrivati vicini a Sanremo per il profumo di agrumi che dalla costa si spandeva sul mare al largo. Un po’ come in Asterix in Corsica, quando il capo corso Ocatarinetabelasciscix avverte dalla nave che lo sta riportando nella sua isola “questo profumo leggero e sottile, fatto di timo e mandorlo, di fico e castagno…”

Delle quattro ville di Latte aperte per il FAI ne ho visto una e mezza: a villa Biancheri Donatella ed io abbiamo lavorato un po’ come guide per i visitatori, raccontando loro notizie e pettegolezzi così come li avevamo appresi dai proprietari, due anziani e simpaticissimi signori biancocriniti con l’espressione, il sorriso e la serenità fisiognomica di quelli che hanno sempre avuto una vita agiata. Agiata e varia: uno è stato lungamente ambasciatore di prima classe, hanno avuto presidenti della Camera dei Deputati e del Senato (Regio, ovviamente) fra i nonni, una nonna era una cantante d’opera alla corte degli Asburgo d’Austria che andò sposa a un nobile russo (passarono i loro guai con la rivoluzione d’ottobre ma prima la loro vita non era malaccio, e per lei – lui fu ucciso da un contadino – anche dopo…), uno zio d’acquisto era Giuseppe Tomasi di Lampedusa (quello del Gattopardo), da bambini andavano a pranzo (anzi “a colazione”, come dicono i nobili) da Lady Hanbury a villa Hanbury… Beh, questo doveva essere un problema più che un privilegio: il fratello ambasciatore raccontava che la cucina di Lady Hanbury era “ascetica” e ricordava che sua madre diceva “bambini adesso mangiamo qualcosa prima di uscire che siamo invitati a colazione da Lady Hanbury”; un menù di pranzo era “una foglia d’insalata con un quarto di uovo sodo e due olive a testa”. Fine del pranzo, chissà se poi veniva offerto un limoncello per digerire… D’altra parte, in francese (lingua internazionale all’epoca dei fatti narrati) per dire “pranzo” non si dice “dejeuner”? Digiunare….

Un altra bella villa, probabilmente la migliore, e anche l’unica delle quattro di cui si poteva visitare anche l’interno e non solo l’esterno e il parco era la villa Orengo, che mantiene evidente la struttura originaria della torre di guardia, possente e quadrata, e che ha accanto un magnificooooooo ampio campo coltivato a papaveri grossi e policromi, molto belli colti uno a uno ma assolutamente stupendi nel colpo d’occhio del campo tutto fiorito.

Va be’, basta va’. Per stasera delle ville di Latte può bastare. Forse non ho detto tutto, ma ho sonno e questo messaggio è già abbastanza lungo…

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