Forse ne ho già scritto, di Merlino, ma ne voglio parlare ancora. Trattasi di un merlo, un comune Turdus merula maschio, dal piumaggio nero e dal becco giallo, come ce ne sono tanti in tutt’Italia, nelle città e nella campagne. Merlino è un inquilino stanziale del giardino di Sanremo, si è autoaddomesticato, è un padre premuroso e – credo per via dell’età avanzata – sta incanutendo visibilmente. Nel senso che se un tempo era tutto nero ora è vieppiù bianco, vaste chiazze di piume bianco-grigiastre sulla testa e sulla schiena, ritengo sia come per gli esseri umani, roba della vecchiaia. Forse.
Merlino è goloso dei croccantini dei gatti. Insomma, quando non c’erano ancora i piccioni e potevamo tenere il dispensatore di croccantini sulle scale fuori dall’uscio di casa molti merli venivano furtivamente a spiluccarli volando via subito per timore e dei gatti e di noi umani. Poi sono arrivati i piccioni e appunto abbiamo dovuto togliere il dispenser per evitare casini e scagazzamenti proprio davanti al portone di casa. Solo che Merlino non si è dato per vinto, non so se era già fra quelli che frequentavano il dispenser, comunque ha iniziato a venire a chiederli con crescente disinvoltura e ormai è quasi un incontro fra amici: quando vede me o Donatella, o perché ci affacciamo al portone o perché arriviamo da fuori, lui arriva – da un albero, da sotto un cespuglio, da dove sta – si pone sulla cancellata o a terra a 3 o 4 metri di distanza e sta lì fermo a guardarci con la posa da uccello, con la testa girata e ti guarda con un occhio solo. Sta lì, aspetta, e se entriamo in casa non se ne va, aspetta che usciamo nuovamente, tenace e fiducioso. Sa che i croccantini poi arrivano. Uno alla volta, lanciati con delicatezza a distanze sempre minori, lui osserva dove cadono e va a prenderli. Certo c’è una distanza di sicurezza che non si sente di superare, diciamo un paio di metri dall’amico umano che lo nutre, se il croccantino cade più vicino ai miei piedi lui ci pensa un po’ poi corre a prenderlo e si allontana subito tenendolo nel becco, per inghiottirlo preferisce tornare a una distanza sicura. Che comunque è sempre una distanza assurdamente piccola per qualsiasi uccello selvatico, nessun altro merlo o tordo o storno starebbe in terra immobile a 3 metri da un essere umano in piedi che lo guarda negli occhi. Nemmeno i pettirossi che pure sono molto sicuri di sé lo fanno. Merlino ci sta.
Negli scorsi mesi ha avuto un gran da fare perché ha avuto almeno due nidiate e volava su e giù dal nido a casa per prendere croccantini e imboccare i piccoli. La mamma no, non si è addomesticata, lei stava lontana da noi umani, anzi nemmeno so quale delle femmine che gi21ravano in giardino fosse la moglie di Merlino. Piccoli merlotti bamboccioni, perché quando erano pulli, già cresciutelli ma ancora col piumaggio infantile, marroncino a macchie, stavano lì a terra o sui rami bassi degli alberi e lo chiamavano con il becco spalancato e le ali frementi a farsi imboccare. E sto povero padre correva da me o da Dona a farsi lanciare croccantini e poi correva dai figli ormai grossi come lui a imboccarli… che fatica! Almeno due giovani merli che credo siano suoi figli abitano in giardino, becchettano e cacciano lombrichi come due merli per bene devono fare, non hanno imparato a chiedere cibo a noi umani. Merlino non ha eredi in questo senso, e credo sia meglio così, non è bello che gli uccelli selvatici si addomestichino troppo, si snaturerebbero. Credo.
Non so quanto viva un merlo, non so se davvero la sua canizie dipenda dall’età avanzata, comunque mi aspetto che un giorno o l’altro non vedremo più questo merlo bicolore e non potremo più divertirci a lasciar cadere i croccantini davanti ai piedi per sfidarlo a venirli a prendere sempre più vicino. Mi mancherà Merlino, quando non ci sarà più, mi mancherà davvero.
(Scritto il 12 settembre 2012)