Monte Antola, ieri. Vento di mare forte e fresco, fiori multicolori nei prati, faggi con le prime foglie, passaggio di cavalieri al galoppo, formaggio e pane e vino fuori del rifugio, chiacchiere sul più e sul meno. Tutto come da copione.
Sono salito sull’Antola la prima volta diciamo nell’80, per Pasqua; fine inverno spoglio e mezzo innevato bianco grigio, ho concepito per la prima volta cos’è veramente geograficamente la Liguria, col mare e le città in fondo ed i monti selvaggi e altissimi e ventosi che bucano il cielo alle spalle; ho visto per la prima volta la Corsica (con il seguito di Elba, Capraia, Gorgona, Apuane, poi dietro Monte Rosa e Monviso eccetera); ci sono tornato diciamo nell’87 con alcuni amici e amiche, autunno marroncino e fresco, siamo arrivati su di sera, fine del tramonto e inizio delle stelle sotto la croce della cima, cena e nanna in rifugio, discesa al mattino, giornate serene d’animo, l’Antola è sempre un luogo dello spirito oltre che del corpo; terza salita ieri, primavera ventosa e soleggiata, fiori vari e variopinti rossi gialli blu, gioia della vita e del creato divino, animo allegro per la natura e la buona compagnia se pur nella “solitudine” di fondo data dalla mancanza di amore attivo e passivo ma gli altri nobili sentimenti erano tutti al loro posto in funzione e Silvia e Luciano sono amici graditi.
Tre stagioni, tre classi di colori, tre gruppi umani, stessa sensazione di trovarsi in un luogo sacro, purificatore, ovvio che gli antichi erigessero templi e santuari in cima ai monti, lo capisce anche un bimbo che lassù si è più vicini a Dio. O per lo meno ci si sente.
A me questa sensazione religiosa prende solo sull’Antola, non sugli altri monti, ma credo che uno sia necessario e sufficiente.
Oggi di nuovo giù, sul mare salso e iodico.
Scendendo si parlava di chi è normale e chi no. Col solito tono di intendere la normalità come qualcosa da cui si può guarire. Ci siamo elencati i nomi di alcuni comuni amici che sembrano normali (pur avendo tutte le altre rotelle a posto, nel senso, intelligenti, simpatici, onesti, divertenti, ecc) e quando mi hanno chiesto perché definivo Tizio e Caia normali ho proferito che secondo me “sono gente senza sogni”. Silvia ha assentito. Forse siamo un poco sciocchi.
(Scritto l’8 maggio 1995)