Nel mio andirivieni tra Genova e Sanremo a volte all’autostrada alterno lunghi tratti di Aurelia e sovente passo sotto al comprensorio residenziale-turistico di Torre del Mare, edificato negli anni Cinquanta-Sessanta sul promontorio di fronte all’isola di Bergeggi, in comune di Bergeggi (SV). Ci passo, ma senza dedicargli nessuna attenzione.
A fine ottobre, sullo “stato” di WhatsApp di Virginia Satragno (coordinatrice regionale dei Gruppi Giovani della Liguria del FAI Fondo per l’Ambiente Italiano) ho trovato delle foto di edifici di Torre del Mare, edifici in stile “razionalista fantasioso” interessanti e non banali, quasi un po’ escheriani, e Virginia mi ha spiegato che ha partecipato al Festival del Parco Architettonico di Torre del Mare e ha cercato di trasmettere con quelle foto l’interesse che quelle case hanno suscitato in lei.
Secondo me ci è riuscita e mi ha fatto pensare che è proprio vero quello che diceva la fondatrice del FAI Giulia Maria Crespi: “si protegge ciò che si ama, si ama ciò che si conosce”.
Questo è il punto di partenza di tutto: conoscere.
Se ho conosciuto mi viene naturale amare, e da lì cresce il desiderio di proteggere. Ma prima di tutto bisogna conoscere.
Quelle foto mi hanno fatto sentire un po’ cretino: so dell’esistenza di Torre del Mare quasi da sempre ma non mi è mai venuta voglia di conoscerlo, mi sono sempre accontentato di dargli un’occhiata distratta passandoci accanto senza farmi venire un briciolo di curiosità. Cioè, un briciolo si, parecchi anni fa feci un rapido giro sulle sue strade ma senza neanche fermarmi e scendere dall’auto. L’ho sicuramente nominato in qualche guida scritta per qualche casa editrice o qualche ente di promozione turistica, ma per un quartiere così due righe superficiali erano state sicuramente sufficienti: speculazione edilizia del Dopoguerra, quindi non interessante e “brutto” a prescindere.
Sbagliavo. E per accorgermi che sbagliavo ci sono volute le foto di Virginia, che ha dimostrato di avere usato bene quello che a me piace chiamare “occhio FAI”, cioè la capacità di trovare interesse, e quindi bellezza, anche là dove a prima vista sembra non ci sia nulla che valga la pena. Chi ha quel genere di occhio ce l’ha per talento naturale, ma sono convinto che frequentare il FAI “da dentro” aiuti a sviluppare questa capacità.