“Orsi che ridono”
“Il babbuino e la metafisica”
Sono i titoli di due libri che ho letto recentemente.
Quello degli orsi me lo ha regalato Donatella lo scorso Natale, quello dei babbuini l’avevo acquistato in uno di quei momenti di serendipity libraria che amo molto, ovvero quando entro in una libreria senza nessun motivo urgente, solo per fare un giro e dare un’occhiata, e poi trovo un libro di cui ignoravo l’esistenza e che per qualche ragione attrae la mia attenzione sino al punto da “doverlo” comperare senza indugio.
A dirla tutta, non li ho letti parola per parola dalla prefazione all’indice, perché tutto sommato non ero interessato proprio a tutti i dettagli delle esperienze di vita dell’autrice del primo libro con gli orsi ex-circensi, ex-ingabbiatineglizoo, ex-brutte vite infelici insomma, che lei ha curato, guarito, assistito, accompagnati a una nuova vita serena e di cui è diventata amica; e nemmeno ero totalmente interessato a tutti i dettagli degli anni di studio che la coppia d autori del secondo libro ha trascorso con un grosso branco di babbuini del Botswana per studiarne la intensa, complessa, variegata, interessante vita sociale.
Quello che volevo capire era il concetto generale che da ‘sti due libri ne usciva, e che è poi un concetto che io nel mio piccolo considero vero e ovvio da anni e anni, un po’ perché…. mi pare sia ovvio davvero…. e un po’ grazie a ciò che mi hanno insegnato tutti gli animali con cui ho convissuto e felicemente convivo. Un concetto facile facile: gli animali hanno un’intelligenza. Che naturalmente è molto diversa da quella umana ed è anche diversa fra le diverse specie animali, ma comunque gli animali hanno una loro “intelligenza” che agisce e opera ed è essenziale per la loro vita biologica, e che ha la stessa dignità dell’intelligenza umana, lo stesso diritto di esistere e di manifestarsi liberamente che ha la nostra intelligenza di Homines sapientes.
Un’intelligenza “animale” che non serve per leggere, scrivere e far di conto ma che permette a chi la possiede di fare ciò che è utile alla sua vita di animale: ad esempio permette di socializzare coi propri simili in società complesse dove esistono gerarchie sociali, incontri e scontri, alleanze, tradimenti, legami familiari, lotte per il potere, amicizie fra maschi e femmine senza interessi sessuali reciproci, bugie, invidie, altruismo, dolore e gioia e quant’altro fa parte della vita di relazione, tanto nelle nostre società umane quanto in quelle dei babbuini.
Un’intelligenza animale che permette a chi la possiede di sentire gioia e dolore, tristezza e allegria (magari anche di ridere), affetto e odio, coraggio e paura e quanti altri sentimenti facciano parte della vita di una persona umana o di una persona ursina.
Su cosa sia, e se vi sia, e come sia questa intelligenza animale ne hanno disquisito dottamente filosofi, biologi, etologi e altri pincopallologi di ogni epoca storica, citare Aristotele e Cartesio è solo un vacuo sfoggio di saccenza. Senza filosofeggiare troppo credo che basti avere un cane o un gatto in casa, o una mucca nella stalla, o una coppia di merli in giardino per sapere che un qualcosa di definibile intelligenza animale esiste, è un’indubitabile realtà del mondo.
Per questo non ho letto proprio tutte le righe di tutte le pagine di quei due libri; in fondo sapevo già cosa dicevano. Però è stato un vero piacere entrare un po’ nello spirito delle situazioni studiate e descritte. Descritte fra l’altro con scrupolo da scienziato, col proposito di evitare al massimo di umanizzare gli animali dando per scontato la presenza di sentimenti di tipo umano negli animali solo perché le loro reazioni sono simili alle nostre, E infatti in certe descrizioni degli studi fatti sui babbuini la lettura diventa a tratti un po’ noiosa, perché ci sono prove e controprove, verifiche, pignolaggini che sono indispensabili in uno studio scientifico serio ma per il lettore di un libro divulgativo a volte annoiano. Ma han fatto benissimo a farle, tutte le pignolaggini, e a descriverle.
Animali, nostri compagni di vita nell’universo. Anche quelli che mangiamo, o che uccidiamo perché ci disturbano (le zanzare tigre, ad esempio).
Dell’intelligenza delle piante ne parleremo in una prossima occasione. E nessuno rida, che anche le piante sono intelligenti, non lo dico mica (solo) io……….
(Scritto l’8 ottobre 2013)