Poche settimane fa, nottetempo, Oscarino, il quarto dei nostri gatti del 2013, il più giovane e il più randagio, ha concluso molto anzitempo la sua avventura su questa terra; doveva avere poco più di un anno, circa coetaneo di Polvere. Oscarino era lieto e affamato alle sera del venerdì ma sabato mattina non era fuori dal portone della casa di Sanremo e la sua amica Macchia, probabilmente di un anno e mezzo più grande di lui, era da sola. Va beh, ho pensato, è un giovane maschio che sta diventando adulto, sarà andato a caccia di gattine, poi tornerà. Invece Donatella lo ha trovato cadavere sul marciapiede di corso Cavallotti, ben disteso, senza ferite o macchie di sangue, ma incontrovertibilmente morto.
Un dolore inatteso e sgradito per noi, considerando che poco più d’un anno fa era morto Codamozza e a giugno se n’era andato anche Oscar. Vero che la nicchia ecologica dei “gatti di Villa Mergellina” non è mai rimasta vuota perché in casa ha continuato a esserci Sparisci, inoltre scomparso Codamozza era arrivato il cucciolo Polvere e Oscar prima di andarsene ci aveva portato Macchia come sua erede e chissà, magari anche discendente in senso biologico. Però questo gatto randagio maschio molto giovane, battezzato banalmente Oscarino per via del manto molto simile a quello di Oscar, si era bene inserito nel contesto e recentemente faceva prove di addomesticamento, veniva a dormire nelle cuccette che teniamo davanti al portone di casa per tutti i gatti della famiglia, e non scappava quasi più se Donatella tentava timidamente di accarezzarlo. Con Polvere non andava niente d’accordo; o forse quelle litigate che facevano quasi tutte le mattine in giardino, a base di feroci miagolii più che di vere zuffe, era il loro modo di consolidare un’amicizia in fieri?
Un dolore inatteso e spiacevole, dicevo. Il dolore del vedere bruscamente interrotti i progetti per la vita che si hanno quando si è giovani, progetti che per quel gatto potevano consistere nel lento processo di addomesticamento e in tutta quella serie di vagabondaggi, zuffe, sesso saltuario, lunghi sonni, notti frenetiche e giornate oziose che costituiscono l’essenza della vita di un gatto comme-il-faut.
Vedere quel giovane gatto disteso immobile e freddo sul ciglio della strada mi ha fatto rapidamente pensare ai suoi “simili umani”, quei ragazzi che a 20 anni muoiono in incidenti stradali, incidenti che non necessariamente hanno provocato loro, magari ne sono solo le incolpevoli vittime. E anche loro lasciano incompiuti i progetti delle loro vite, anche loro hanno “quel tutto da fare, tutto quel tempo davanti, quel loro sperare e l’incoscienza orgogliosa della loro età”, per usare le parole che gli Stadio cantano in Swatch.
Ma chi muore non è necessariamente più incosciente o più colpevole di chi resta, come dice Gesù in Luca 13, 4-5: “O quei diciotto sui quali crollò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico…”
Si dice che “faber suae quisque fortunae”, ciascuno è artefice del proprio destino, e senz’altro è vero ma non del tutto, poi c’entrano il Caso, il Destino, il Cu.., la Sf…, la Volontà Divina e tutte ‘ste cose qui… Attraversi la strada dieci secondi prima e l’auto non ti investe; fai un sorpasso mezzo minuto dopo e eviti il camion contromano…
È così per tutti, esseri umani, gatti, querce, amebe, batteri… “Ragazzo noi siamo bugie del tempo, appesi come foglie al vento di mistral”, dice Roberto Vecchioni e può bastare un niente a trasformarci da potenziali ultracentenari a “attuali” scomparsi prematuramente. Non so sei sia una bella cosa, ma a me capita di pensare a queste cosa non infrequentemente. Magari la rapina subita lungo le vie della Boca di Buenos Aires nel lontano 1999 mi ha aiutato a riflettere su queste cose, chissà…
Quando si è signori di mezza età, anche chi come me non ha mai avuto un forte senso genitoriale, inconsciamente “cerca i figli” e gli animali domestici gli diventano figli a tutti gli effetti. Lo capisce benissimo anche chi oltre ai “pets” ha anche dei figli veri: sono certo che per mia sorella il cane Ciuffo è il suo terzo figlio, e immagino che Marzia Verona, come il Buon Pastore evangelico, conosca tutte le pecore del suo gregge, e forse le considera parte della sua famiglia “multietnica”.
Mi dispiace la scomparsa prematura di Oscarino anche perché in lui vedevo l’erede naturale del “Gatto Maschio Randagio” che in famiglia non abbiamo più da quando non ci sono più Codamozza e Oscar. Sparisci è una gatta molto di casa, deliziosa, ma troppo casalinga. Polvere è davvero un figlio, che passa tutte le notti in casa (per amore o per forza) e spesso sul letto. Macchia è randagia mezza-domestica ma è una femmina sterilizzata (chissà da chi) e non ha grandi velleità di indipendenza.
Il Gatto Maschio Randagio per me è il “vero gatto”, quello che sono in grado di amare maggiormente. Perché si, i “pets” sono come figli ma quello che in realtà io cerco maggiormente nei gatti non sono figli ma amici, esseri viventi con cui trattare alla pari, adulto io adulti loro, ciascuno con la propria vita, i propri interessi, la propria Weltanschauung, che di tanto in tanto mettono in comune le proprie esperienze, i propri pensieri, i propri interessi, e il sentimento che li lega nasce e cresce grazie a questa “condivisione delle reciproche differenze” per citare parole che già pensai e scrissi. Un amicizia fra maschi adulti, questo fu il legame che sentivo di avere con Codamozza, questo è ciò che speravo si potesse sviluppare con Oscarino, dandogli tempo di diventare adulto. Certo non sarei mai andato a fare un birrino serale con quel gatto come faccio da anni con Uge, né avrei mai pranzato nel bar sotto il suo ufficio come a volte faccio con Federico, ma il concetto avrebbe potuto essere quello. Avevo desiderato che potesse essere quello; ma il destino cinico e baro ha deciso diversamente.
Secondo l’Islam, Dio ha 99 nomi (tralasciando il centesimo, il più sacro e più segreto): due di questi sono Al-Muhyi e Al-Mumit. Li trovo tradotti come “Colui che dà la vita” e “Colui che dà la morte”. C’è anche Al-Jabbar “Colui che costringe al Suo volere”. Perché anche per l’umile vita di un gatto randagio, come in tutte le cose del mondo e della vita, quello che conta è la volontà di Dio.
(Scritto il 20 dicembre 2013)