A ottobre la società di cremazione So.Crem. Genova ETS ha ospitato nel Pantheon del Cimitero di Staglieno il convegno “Il Rumore del Lutto”, per dibattere le tematiche del fine vita sotto diversi punti di vista e approcci (cfr. l’articolo del 3 ottobre 2024 “Il Rumore del lutto” in liguriaday.it).
Tra i relatori c’era Fabio Truc, fisico teorico valdostano, docente universitario e ricercatore con attività a Parigi, in Piemonte, al CERN di Ginevra, che ha parlato sulle “esperienze di pre-morte”.
Per questi fenomeni c’è ovviamente un bell’acronimo inglese: “NDE, Near Death Experience”. Sono le esperienze di coloro che per un periodo transitorio si trovano privi di funzioni vitali. Gli si ferma il cuore, vanno in coma, cose così, e poi si “risvegliano” e riprendono a vivere, il cuore riparte, ridiventano coscienti. Quindi non muoiono davvero, si avvicinano alla morte senza raggiungerla.
Truc diceva che il 20% di chi torna cosciente dopo aver perso le funzioni vitali racconta di avere avuto esperienze NDE. Che risultano essere grosso modo le stesse per chiunque nel mondo, senza distinzioni di età, sesso, razza, fede (o non-fede) religiosa, cultura, nazione, epoca storica eccetera. Ogni essere umano che vive queste esperienze le vive allo stesso modo. Qualunque cosa esse siano, sembra che dipendano solo dal nostro essere “esseri umani”, ogni dettaglio ulteriore è ininfluente.
In queste esperienze i “pre-morti” hanno la sensazione di uscire dal proprio corpo e vedersi da fuori, dall’alto, magari con i medici che si danno da fare intorno al loro corpo inanimato e loro, da fuori, sentono cosa dicono e vedono cosa fanno. Poi entrano in un tunnel, che a molti procura tristezza e angoscia, ma al fondo di esso percepiscono una luce che generalmente dona un senso di pace, serenità, felicità; lo percorrono e all’uscita incontrano personaggi già noti in vita (magari i parenti defunti) o entità spirituali come fossero arrivati “in paradiso” ma poi sono rimandati indietro fino a ritrovarsi nell’Aldiquà e risvegliarsi tra i parenti, gli amici e i medici che si rallegrano.
Le neuroscienze studiano il funzionamento del cervello e i legami tra pensiero, coscienza e biologia del cervello. Si indaga come l’hardware interagisce col software e viceversa. E in questo approccio biofisico-biochimico alle attività “spirituali” del cervello le NDE suscitano interesse (cfr. l’articolo “Oltre il velo” di Rachel Nuwer, in Le Scienze n°672, agosto 2024), anche senza pensare a concetti come anima e vita eterna, che sono di competenza della metafisica e non della scienza.
Truc ha poi aggiunto un paio di dettagli letterari-artistici interessanti: nel Cinquecento il pittore olandese Hieronymus Bosch dipinse le “Quattro visioni dell’Aldilà”: nella “Ascesa all’Empireo” le anime beate percorrono un lungo tunnel circolare al fondo del quale c’è la luce abbagliante del Paradiso e un personaggio che le attende. Verrebbe da pensare, diceva Truc, che Bosch abbia dipinto una esperienza NDE vissuta da lui o da qualche persona a lui vicina. Ha dipinto con cognizione di causa, insomma.
Ancora prima… L’Epopea di Gilgamesh, i cui più antichi testi, in lingua sumera, datano intorno ai 4000 anni fa, è una storia epica sulla vita, la morte, l’amicizia, i limiti della condizione umana, la ricerca della saggezza. Gilgamesh, re di Uruk, è il primo eroe tragico della letteratura mondiale, forse un millennio e mezzo precedente agli eroi omerici. Compie diverse imprese e poi si imbarca per andare alla ricerca dell’immortalità. Raggiunge la terra di Dilmun alla bocca dei fiumi (il Paradiso) per incontrare Utnapishtim il Lontano, colui che aveva costruito l’arca e salvato la famiglia e gli animali dal Diluvio universale (dal mito di Utnapishtim deriva il racconto biblico di Noè) e aveva ricevuto in dono dagli dei l’immortalità. Utnapishtim però rimanda indietro Gilgamesh dicendogli che “nulla permane” e l’immortalità non è per l’umanità, così l’eroe torna alla sua città di Uruk dove, giunto il suo tempo, muore.
Ecco, avvicinandosi alla dimora di Utnapishtim, Gilgamesh attraversa una montagna dove cammina per dodici leghe nella più assoluta oscurità e alla fine del percorso “irruppe la luce del sole. Ivi era il giardino degli dei” (così nell’edizione Adelphi che ho a casa). Il professor Truc ritiene che quel cammino di Gilgamesh nel buio dei monti per poi uscire nella luce del giardino degli dei sia la descrizione di una NDE….