Il cielo della pianura è spaventoso e opprimente: spaventoso magari no, opprimente si, per un uomo di mare abituato a vedere i monti intorno a sé. I monti racchiudono il cielo in una scodella dal profilo frattale che ne limita lo strapotere, gli impedisce di essere dappertutto, 360 gradi di cielo sopra la testa, col rischio che cada, come temono sempre i Galli di Asterix. I monti hanno una personalità, la pianura invece si fa piccola e sottile sotto l’azzurro continuo del cielo, e il compito di punzecchiarne l’immensità resta affidato agli alberi dei filari tra i campi, ai campanili, alle torri delle città, ma sono punturine di zanzara, nemmeno tigre, poi. Solo le nuvole danno un senso al cielo di pianura, le nuvole da vento, bianca tribù nomade in marcia senza ostacoli e confini da superare, e quelle nerissime dei temporali, coi lampi lontani che ti fan venir voglia di chiuderti in casa e aspettare che la buriana arrivi, scrosci, passi e se ne vada, fette di arcobaleno a dire che passata è la tempesta, odo augelli far festa, e la gallina… oppure è passata la bufe-era, è finito il tempora-ale, chi sta bene e chi sta ma-ale, e chi sta come la vuol, come diceva Rascel.
Il cielo della Camargue non è diverso dai cieli di ogni pianura d’Europa, solo gli stagni che ne riflettono la luce sull’acqua paludosa lo fanno un po’ insolito, anzi no, lo fanno assomigliare a quello della laguna di Venezia, come là casali isolati fra canneti e acqua grigiastra, però a Venezia non ci sono i fenicotteri chichibiamente in bilico su una gamba sola, né i cavalli bianchi bradi e i tori neri, che vivono tranquilli, immagino, sapendo che nelle arene romane di Arles e Nimes le corride sono incruente.
Aigues Mortes, dal nome provenzale (langue d’oc, si diceva…) è un rettangolo di case e ristorantini turistici circondate da mura duecentesche costruite da architetti genovesi e benissimo conservate, con tutte le porte torreggianti. Una Montagnana, o una Glurms/Glorenza sul mare, insomma. C’è la piazza, la statua di re Luigi IX il Santo che volle la città, e fra i tavolini dei ristoranti ricordo che circa 15 anni fa, una sera di giugno, correvano e vociavano frotte di bambini. Magari erano 5, ma col casino che fanno i bambini che giocano e si rincorrono, me ne ricordo frotte. Qualche ex-compagno di viaggetto si ricorda mica?
E la RN7 (la statale 7 in Italia è l’Appia, da Roma a Brindisi, in Francia attraversa le pinete e i vigneti della Provenza interna, parallela alle bancate calcaree prealpine), che ora non si fa più perché c’è l’autostrada, ma allora aveva dei rettilinei a gobbe e fosse che era bellissimo con la Ritmo bianca prendere i dossi con un certo asbrìo e saltar giù verso la cunetta successiva a guisa di ottovolante (settemezzo volante, dai, che era una cosa facile e leggera, in realtà, mica pericolosa).
La Corniche de l’Esterel è un’altra delle tante splendidezze del paesaggio francese, che ben capisco che les heures du Duc de Berry fossero tres belles come dicono le miniature che si vedono spesso citare nel mensile Medioevo, visto che il duca di Berry faceva il nobile nel bel mezzo della douce France. L’Esterel è sul mare, costa alta e frastagliata di rocce rosse (rioliti, roba vulcanica acida se non mi sbaglio a 14 anni dalla laurea), una statale a curve pochissimo abitata fra Saint Raphael e Cannes, i binari della ferrovia per Marsiglia ben nascosti e dietro colline bitorzolute di pini marittimi. Spiaggette di ciottoli come se ne trovano in Liguria tra Bergeggi, Noli e Varigotti, o intorno a Framura, però qua ciottoli rossicci, e gabbiani che stanno immobili controvento a osservare la gente che scende dalle auto a fotografarli, e coppiette che fanno l’amore sui ciottoli incuranti che qualcuno dalla strada li veda. C’è una villetta su un promontorio roccioso che doveva essere una chiesetta, un tempo, lontana dalla strada, a picco sul mare, che mi piacerebbe sapere chi vi abita (magari qualche bel portafoglio parigino); è un paesaggio però che da sul verde intenso e sul grigio, pare bretone più che mediterraneo. Però uno lo sa, che il clima è mediterraneo, lì e non bretone, ed è più contento.