Sant’Erasmo, secondo la tradizione, visse nel III secolo, fu vescovo di Antiochia, subì varie persecuzioni e morì a Formia nel 303. Il suo culto lo dichiarò protettore dei marinai. Ci sono parecchie chiese dedicate a Sant’Erasmo lungo le coste italiane; a Genova ce ne sono almeno due, una a ponente, a Voltri, e una a levante, a Quinto. È detto anche Sant’Elmo, da lui prende il nome il fenomeno elettrico meteorologico del fuoco di Sant’Elmo.
È anche protettore della pastorizia (forse perché i pastori transumanti sono “nomadi” per professione come i marinai?) ed era venerato dai pastori della “Tèra Brigašca”, la Terra Brigasca, un’unità culturale, linguistica ed economica che occupa le montagne delle alte valli Tanaro (provincia di Cuneo, Piemonte), Argentina (provincia di Imperia, Liguria), Roia (dipartimento di Nizza, Francia) che hanno nel monte Marguareis (2651 mt) la loro vetta massima. Il capoluogo della Terra Brigasca è La Brigue nella val Roia francese (fino al 1947 era italiana, col nome di Briga Marittima); ci sono altri sette piccoli borghi, sparsi tra Francia, Liguria e Piemonte, i cui abitanti hanno storicamente vissuto soprattutto di pastorizia, cui si aggiungevano un po’ di commercio e di emigrazione stagionale verso Francia, Liguria, Piemonte.
Molti brigaschi parlano ancora il brigasco, un dialetto di tipo ligure alpino al confine con l’area linguistica occitana, e nonostante la diaspora per inurbamento che ha spopolato questi monti nella seconda metà del secolo scorso, hanno mantenuto un forte senso di comunità che si manifesta evidente in alcuni avvenimenti come l’esistenza dell’associazione A Vaštéra – Üniun de tradisiun brigašche (https://vastera.it – in brigasco la vaštéra è lo stazzo, il recinto per le pecore).
Un paio di eventi annuali radunano i più fedeli custodi delle tradizioni e dell’orgoglio di comunità. Il primo è l’incontro nella Valle dei Maestri presso la chiesetta campestre di Sant’Erim. Che è il nome brigasco di Sant’Erasmo.
Una chiesetta solitaria a 2000 metri nel cuore di una valletta che dai 2100 metri del Colle dei Signori, sotto il Marguareis, scende verso il borgo di Carnino, portando giù le acque di uno dei tantissimi rami sorgentiferi del fiume Tanaro. Nei secoli è stata il punto di ritrovo estivo delle famiglie che portavano all’alpeggio le greggi. Venivano su i preti per celebrare le messe e per fare scuola ai bambini. Era il fulcro della vita comunitaria estiva dei pastori.
Oggi i pastori sono pochi e nel XX secolo la chiesa ha perso la sua funzione sociale rischiando di andare in rovina. È stata salvata dalla volontà dei brigaschi (quelli di montagna, quelli inurbati, quelli acquisiti per affinità elettiva) di tutte le condizioni sociali, dai pastori agli architetti ai senatori della Repubblica, che l’hanno rimessa in sesto con lavoro volontario e a loro spese.
Ogni anno in agosto il prato di fronte a Sant’Erim si affolla di brigaschi che arrivano dagli otto paesi del territorio e dalle città della Riviera, e di loro amici. Sabato 17 c’era un tempo splendido; il prete e il presidente della Vaštéra hanno salutato i presenti e ricordato gli associati scomparsi negli anni, poi si è celebrata la messa, infine il pranzo all’aperto con polenta e salsiccia preparato dal vicino Rifugio Don Barbera. E vino rosso e acqua e caffè e un interessante digestivo al pino mugo.
Partecipando alla giornata sul prato di Sant’Erim ho percepito il modo a mio parere “giusto” di vivere e manifestare il senso di appartenenza a una comunità sociale, etnica, culturale. Essere ben consci di ciò che si è, orgogliosi di esserlo, delle proprie origini, della propria storia da portare nel futuro, ma senza atteggiamenti di superiorità o di rifiuto verso i “diversi”, i forestieri.
Arrivando lì alle 11 del mattino conoscevo bene soltanto le due amiche di Sanremo di origine brigasca con cui ero salito, Carmen Lanteri (socia della Vaštéra e restauratrice della chiesa, che ringrazio molto per avermi invitato a questo evento) e Maurizia Lanteri (non sono parenti, è che almeno un quarto dei brigaschi si chiamano Lanteri…), ma nessuno tra chi mi vedeva per la prima volta ha avuto da ridire sul fatto – per esempio – che non ho i tratti somatici tipici dei brigaschi… Anzi il presidente dell’associazione mi ha invitato a partecipare anche al loro secondo evento annuale, l’incontro generale della comunità, il XXXV Ëncontrë ën Tèra Brigašca, che quest’anno sarà domenica 1 settembre nella “capitale” La Brigue (in brigasco “Ra Briga”).
Se ci andrò, sarà sicuramente una giornata piacevole.