Skàri qalàp.
È una formula rituale apotropaica in lingua tocaria, lingua indoeuropea parlata dall’antico popolo tocario che viveva nell’attuale Xinjiang cinese; veniva pronunciata dagli sciamani a conclusione dei vaticini che proferivano sui destini del loro popolo.
Il tocario è una lingua morta, si estinse probabilmente nel IX secolo, ma glottologi e linguisti constatano con stupore che una formula omofona, benché non omografa, esiste tuttora in un’altra lingua indoeuropea ancora ben viva, l’italiano, dove è molto frequentemente usata in frasi beneaugurali.
Sono frasi che esortano coloro che le ascoltano a raggiungere uno stato di benessere psicofisico tramite l’acquisto o la vendita di qualche bene di consumo utilizzando le moderne modalità di commercio definite “onlain”.
Hai dei pantaloni vecchi che non usi più? Vendili tramite il sito apposito, scàricalàpp. Vuoi andare a vivere da sola col tuo fidanzato? C’è il sito immobiliare che ti trova casa, scàricalàpp. Il tuo telepass non funziona più? Richiedine uno nuovo, scàricalàpp. Vuoi bere un caffè gratis in autogrill? Scàricalàpp. Hai voglia di pizza e fichi? Te la portiamo a casa, scàricalàpp…
Come ben sa chi mi conosce io sono abbastanza a-social; le cose più social che uso sono email e whatsapp, sono peggio di Amadeus; purtroppo Chiara Ferragni non è ancora venuta da me a farmi un profilo instagram @giannisonoio, che peccato.
Fatto sta che nel mio smartphone c’ho pochissime app: quelle standard già presenti quando l’ho acquistato più quella della banca, quella per i QRcode e quella di Poste Italiane per lo SPID.
E quando voglio acquistare un libro, un paio di scarpe, cesoie da giardino, un cavolfiore, una padella, un caffè al bar, un’automobile, mi piace andare in un negozio “fisico”, vedere gli oggetti e toccarli, parlare coi negozianti. Senza scaricare l’app. Sono un troglodita senza speranza destinato all’estinzione, lo so.