Parlano d’amore i ttulli ttulli ttulli ttullipan…
Era l’inizio di una canzone dei tempi di mia mamma e mia nonna, che loro canticchiavano in casa quando ero bambino negli anni Sessanta, forse pensando ai loro ruggenti anni Trenta e Quaranta; non so se a cantarla nei tempi di guerra fosse il Trio Lescano o chissà chi.
Gran bei fiori i tulipani, belli ed eleganti; non sono certo il primo a pensarlo: a metà Seicento, quando questi fiori originari dell’impero Ottomano giunsero in Olanda, c’era chi pagava qualche migliaio di fiorini per un bulbo, cioè anche il doppio o il triplo di quanto ottenne Rembrandt per dipingere la Ronda di notte. Moda e/o pazzia? Forse. Ma la moda per le cose belle ha forse qualche scusante anche quando impazzisce.

E così quando Donatella mi ha proposto tre giorni in Olanda per vedere i campi di tulipani, dopo varie sagge considerazioni di economia familiare siamo partiti, con il solito volo low cost, il solito b&b cheap prenotato via internet, la solita organizzazione prefetta di D. sui dettagli operativi.

Il B&B “Annette” sta ad Amsterdam non lontano dai musei (dieci minuti di tram dalla Centraal Station, ovvero più di un’ora a piedi se sei così bischero da provare a farti una camminata…) , una cameretta molto piccina e molto picciò ma completa di tutto, una landlady, Annette, simpaticisssssima, e se il bed era parvus sed aptus nobis, il breakfast era al contrario immenso, ricchissimo, pantagruelicamente succulento, da poterci fare un pranzo oltre alla colazione.

Amsterdam sarà la sesta volta che ci metto piede, mi fa sempre la stessa simpatica impressione di città dove dev’essere piacevole vivere. Non ha il fascino esistenziale di Parigi, Roma, Praga o San Francisco (per tacer di Gerusalemme che è cosa a sé) ma è comunque sempre molto piacevole tornarci. Anche per tornare al Museo Van Gogh e vedere la mostra Rubens-Caravaggio, di cui ho appreso che i contemporanei dissero che l’uno era “il Caravaggio degli Oltremontani” e l’altro “il Rubens italiano”. Forse non è così vero, ma nel dipingere la gente e le loro passioni erano davvero bravi, òstrega!

I campi di tulipani non sono mica lontani (ammesso che nella piccola Olanda la parola “lontano” abbia un senso), anzi senza essermene mai accorto ci sono passato vicino spesso, quando ero universitario e a volte andavo a Noordwijk all’ESA. Sono fra Haarlem e Leiden e in treno, in auto o in bus li ho certamente costeggiati. Ma o ci passavo in periodi non di fioritura, oppure erano anni in cui osservando la vegetazione intorno a me badavo soprattutto agli alberi (continuo a badarci, agli alberi) e poco ai fiori (l’attenzione ai fiori la devo alla floripassione di Donatella che ormai mi ha un po’ contagiato).

Benché fossimo arrivati in anticipo di tre settimane a causa dell’inverno che anche lassù è stato quest’anno più lungo e freddo di quegli scorsi, e benché quindi di campi di tulipani in fiore ce ne fossero ancora pochi,
direi che gli occhi (e le macchine fotografiche) ce li siamo ciononostante ben riempiti di colori floreali. Certo non abbiamo trovato (ci sarebbe probabilmente voluta un’auto per girovagare lungo stradine e canali senza i vincoli dei treni e dei bus) quelle distese policrome con mulino a vento sullo sfondo che occhieggiano dalle cartoline della capitale, ma a rivedere le foto che abbiamo fatto nella nostra giornata fioristica mi sento soddisfatto.

Soddisfatto delle geometrie policrome e delle policromie geometriche del parco di Keukenhof, dedicato in primavera ai bulbi da fiore quindi non solo ai tulipani variopinti ma anche ai narcisi gialli, ai piccoli bellissimi muscari blu eccetera, fra laghetti, alberi, serre di orchidee, ortensie e lillà.
E soddisfatto della passeggiata nei due, tre campi fioriti lì fuori dal parco, uno giallissimo di narcisi, qualche bella strisciata blu di muscari e rosa tenue di giacinti, e un perfetto rettangolo rosso sgargiante di tulipani ahimè intoccabile perché separato dal nostro sentiero da uno dei fantastiliardi di canali e canaletti ideali per anatre e barchette, meno per i turisti appiedati. Ma va beh, andava bene anche fotografare quell’abbacinìo di rosso da dieci metri distanti senza poter metter piede e naso in mezzo ai fiori.
Una famiglia indiana completa di pietra rossa sulla fronte della moglie/mamma ha fatto lo stesso percorso nostro (anzi, loro prima e noi a seguire), quasi le stesse foto agli stessi fiori, sorrisi e saluti reciproci mentre ci fotografavamo gli uni gli altri con le reciproche macchine fotografiche.

Domani (sabato), qui a Genova, andremo a Euroflora con l’amica Lulli di Biella, reduce da Tallinn e Riga. Speruma che la folla non sia troppissima e ci si possa godere la fiera vegetale con sufficiente calma. Ma ho i miei dubbi…

Ah: a Palazzo Ducale c’è una mostra di quadri, disegni, film e sculture sul Lavoro nel XX secolo. Ci sono entrato per “fare un giro in fretta” ma ci sono stato quasi due ore.. Più invecchio e più apprezzo l’arte del Novecento. Poi ci sono certe opere che fan pensare e non sono sempre bei pensieri: le foto di Sebastiao Salgado, ad esempio, o di qualche fotografo americano di inizio secolo: famiglie di contadini americani del 1910 che sembrano i contadini lucani del Cristo che si ferma a Eboli, i minatori d’oro in Brasile (attuali, non di un secolo fa)… e noi ci sentiamo stanchi o stressati dal lavoro dopo una giornata trascorsa davanti a una scrivania e un computer…

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