Montalto Ligure è un arroccato borgo di collina della media valle Argentina, appena sopra Badalucco; quivi, nell’ambito delle celebrazioni in memoria di una benemerita concittadina poetessa e mecenatessa, Maria Grazia Vivaldi, la sera di martedì 30 aprile, sotto un cielo limpido e stellato, la bellissima chiesa duecentesca di San Giorgio ha ospitato uno spettacolo di musica e poesia dove l’arzillissimo 86enne Arnoldo Foà ha recitato alcuni canti di Leopardi e il brizzolato e assai più giovane Giorgio Costa, torinese, ha suonato al piano alcuni pezzi di Chopin.
Il tutto preceduto da un breve discorso introduttivo del sindaco di Montalto, da un breve intervento del vicesindaco, giovane spigliato e spiritoso, e da un’interessante prolusione del professor Luigi Costa, anch’esso torinese, che ha parlato di Romanticismo, delle analogie e delle differenze fra i due artisti nella vita, nell’arte e nel temperamento, delle diverse fortune in amore e di come l’amore sia entrato nella loro opera, della loro fede o non-fede religiosa e politica, di come siano morti entrambi a 39 anni eccetera. Una bella lezione di storia della letteratura e della musica.
Dopodiché, con discrezione e delicatezza il Costa pianista, gigioneggiando da navigato padrone della scena il Foà, i due si sono alternati all’esibizione e agli applausi per un’oretta.
Chopin è un grande e va bene, ma siccome io ci chiappo più con Leopardi (e se mai in musica preferisco Beethoven o Mozart o Borodin) tralascio i commenti musicali, che non saprei bene che dire, e scrivo solo che sentir recitare quelle cinque poesie da uno che le sa leggere e recitare come Dio comanda è stata una meraviglia. Altro che leggersele tra sé e sé! Che pure sono capolavori di arte anche lette da soli sdraiati sul proprio letto, i canti di Leopardi. Ma Foà le legge veramente bene. O almeno così mi è parso, ma non ero mica il solo a parermi.
La sera del dì di festa, A Silvia, Il sogno, Canto di un pastore errante dell’Asia, visibilmente recitata a memoria più che letta, infine, come bis, L’infinito. Alla fine mi veniva voglia di sentirlo legger Dante, so che molti anni fa l’aveva fatto, doveva essere stato un vero piacere.
Nota a margine dello spettacolo: oltre ad alcuni affreschi di San Giorgio e gli Apostoli eccetera, ben meritevoli di attenzione ma diciamo pure che ce ne sono parecchi altri simili in giro per le valli del Ponente ligure, la chiesa conserva però anche le panche in legno originali, e questo credo sia più insolito; sono fatte con grosse e consumate travi di legno che sanno molto di antico. Che siano veramente del Duecento ci credo per fiducia in chi me l’ha detto, che siano comunque antiche e come tali di pregio si vede a occhio nudo.
A spettacolo finito c’è stata la cena dopoteatro, a cui non ritenevo di dover partecipare ma vi sono stato coinvolto dall’organizzatore, il presidente della Comunità Montana Argentina-Armea. A ‘sta cena in realtà ho partecipato volentieri pur avendo già cenacchiato alle 18,30 prima di partir da Genova, pensando soltanto che povera Donatella avrebbe potuto esserci anche lei lì, se fosse stato un altro giorno. Non conoscevo nessuno fra i commensali ma tanto ben sapevo che sarebbe stata come le cene dei congressi scientifici, dove se ti trovi in un tavolo con degli sconosciuti qualcosa di cui parlare lo trovi comunque, e in quei contesti puoi star tranquillo che non sarà il noiosissimo calcio l’argomento principale. Il presidente mi ha presentato ai vicini di tavolo e al notabilato locale come “è uno bravo, viene da Genova, ha scritto i Mille Anni di Liguria e dei bei libri su Genova……” e di queste parole lo ringrazio. Lo so che sono piccole soddisfazioni un po’ ingenue ma perché negarsele, in fondo credo – immodestamente – che dicesse il vero. Della cena degni di nota, anzi degnissimi, sono stati i ravioli d’erbe fatti in casa da una moglie che non era presente al banchetto ma è stata adeguatamente ringraziata in contumacia.
Altrettanto degna di nota e di laude la sincera (almeno così mi è parsa) passione politica – nel senso della polis – con cui il mio vicino di piatto, se ho ben capito segretario comunale di Montalto, parlava delle cose da fare e da organizzare per sviluppare l’economia e migliorare la qualità della vita dei suoi concittadini. La stessa sincera passione politica nel senso della polis che è bello trovare nei reggitori della cosa pubblica a più alto livello, quando c’è e se c’è e sarebbe bello se ci fosse sempre e in tutti. Chissà…
Fra frizzi e lazzi si son fatte le 2, e alle 2,30 dell’1 maggio mattina ho bussato alla porta di casa a Sanremo, tirando giù dal letto Dona che aveva erroneamente (???) chiuso col gancio. Ha fatto finta di rimproverami per l’ora tarda ma so che scherzava.
Ultimo commento: se ho ben capito il simpatico duo è in procinto di partire per una tournée in Giappone (stasera l’ho raccontato ai miei genitori, che a 86 anni quello va a legger Leopardi in Giappone, loro che vanno a Voltaggio e a Ormea e una volta all’anno a Parma, e stop). Ma se dopo il Giappone continuassero in giro per l’Italia, vi consiglio di andarli a sentire (vendono anche un cd del loro spettacolo): i vostri animi sensibili trarrebbero sicuro sollazzo e giovamento da una serata del genere.
Nonostante si ascolti che “in covile o culla, è funesto a chi nasce il dì natale”, ascoltar Leopardi così ben letto è una gioia della vita.