Nadie rebaje a lágrima o reproche
esta declaración de la maestría
de Dios, que con magnífica ironía
me dio a la vez los libros y la noche…
“Nessuno riduca a lacrima o rimprovero
questa dichiarazione della maestria
di Dio, che con magnifica ironia
mi diede insieme i libri e la notte…”
Mi capitò di rileggere questa “Poesia dei doni” di Jorge Luis Borges poco tempo fa sfogliando un libro esposto su una bancarella, e mi ricordai che l’avevo letta (e apprezzata) parecchi anni fa e sicuramente era in uno dei miei libri di casa, a Genova. Faticai un poco a trovarla, è in una raccolta di poesie che si chiama L’artefice e che non ricordavo di avere… Adelphi, 1999.
Borges, scrittore sommo tra i sommi scrittori del Novecento. Uno dei miei maestri di vita che hanno contribuito a fare di me “quel ravatto di persona che sono” (https://www.giannidallaglio.it/limonate-e-zanzare/). Nel 1955 Borges ottenne il ruolo – a lui adattissimo – di direttore della Biblioteca Nazionale della Repubblica Argentina, a Buenos Aires, proprio mentre si sviluppava la malattia, retinite pigmentosa, che in una decina d’anni l’avrebbe reso cieco. Mi vien da pensare a Beethoven sordo…
“Lento nella mia ombra, la penombra vuota
esploro col bastone incerto,
io che mi figuravo il Paradiso
nella forma di una biblioteca.
Qualcosa che di certo non si può
chiamare caso ordisce questi eventi…..”
Ogni tanto mi succede di chiacchierare con qualcuno sul dilemma “se i fatti della vita siano regolati dal Caso o vi sia un Disegno, un Progetto che stende dinnanzi a noi la rete di sentieri su cui siamo indotti a camminare. Abbastanza recentemente ne ho discusso con l’amica genovese (amica e ottima compagna di cene e di vacanze) Paola M; lei – pur credente – è propensa a considerare il caso come principale regista del grande spettacolo della vita [posizione che, secondo me, aiuta chi la assume anche a sfuggire l’affascinante e complicato problema dei rapporti tra Dio e il male]; al contrario io non mi scandalizzerei se venissi a sapere che ogni moto dell’universo avviene sotto la regia (auspicabilmente sapiente ma certamente poco comprensibile da mente umana) di un Regista. Anche i fatti che a prima e seconda vista appaiono insulsi, sciocchi, inutili, pericolosi, crudeli, malvagi.
Si parva licet componere magnis, mi pare che il Poeta argentino sia un po’ della mia idea: non si può chiamare “caso” ciò che ordisce questi eventi. Questi e altri. Lui ha saputo riconoscere la magnifica ironia divina nei doni che aveva ricevuto, la biblioteca e la cecità insieme, un mondo di libri e l’impossibilità di leggerli, e trarne una “dichiarazione della maestria di Dio” senza lacrima, senza rimprovero. Bello. Mi piace.