Pomeriggio nuvoloso ma asciutto e tiepido, casa di Donatella a Sanremo, 20 novembre 2000, lunedì.
Donatella non c’è, è a Imperia a lavorare, qua ci sono solo i due gatti, Musetto (o Musetta, visto che è una micia, tricolore, pelosissima – ma si sa che gatta pelosa gatta virtuosa, e micia baffuta sempre piaciuta) e Bimbo, maschio soriano e vagabondissimo benché malato: entrambi ormai sono passati dalla prima estrema diffidenza verso questo intruso genovese a una cauta amicizia. Cauta per modo di dire: stamattina quando gli uomini che dovevano tagliare le due palme malandate sono entrati con camion e carretti, sono piombati entrambi in casa spaventati e con occhi e miagolii imploranti si sono fatti dare da mangiare. Fusa a gogò, e anche Bimbo, più scorbutico solitamente, si è lasciato accarezzare socchiudendo gli occhi. Poi si è sbafato tre diconsi tre uova crude, in successione, che col fatto che sta male ha diritto a un menù personale e ricercato. Voleva anche il quarto, ma temevo che gli scoppiasse il fegato e non gliel’ho dato.
Ora intorno è silenzio, ma non the rest is silence, come Amleto morente, è un silenzio lieto, sereno e riposante; il coro polifonico e dissonante degli uccelletti nel giardino, dai pettirossi alle cince ai merli ai gabbiani è l’unico rumore, evidentemente è un’ora di morta per i treni, Musetto dormicchia sul divano, e io mi godo uno dei pomeriggi più sereni e meglio riusciti degli ultimi dieci anni. Perché le vie del Signore sono veramente, oltre che infinite, assai tortuose e imprevedibili. Ma il bello della vita sta proprio lì, nell’imprevedibilità. Qualunque sarà il mio futuro, ringrazio YHWH-Dio-Allah-Brahman-Chiamatelounpocomevolete del mio presente.